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Senza ombra di dubbio quest’anno la Festa dell’Epifania, la festa del rivelarsi della Salvezza alle genti dell’Oriente e dell’Occidente, ci obbliga, volenti o nolenti, a prendere coscienza del confronto planetario, che da una trentina d’anni è in atto su questa direttrice e sembra essere giunto ad una svolta epocale.

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Non a caso, infatti, siamo già stati avvisati che nel 2023 dovrebbe avvenire il fatidico sorpasso della Cina sugli USA, quale prima economia del Pianeta.

Indubbiamente questa notizia non è una grande novità; mentre, invece, l’intera vicenda del virus ci dice che la disputa non è solo una questione di dati economici.

Anzi, è proprio questa nostra ottusa ipocrisia occidentale, di voler far credere che l’economia sia qualcosa a sé stante nella vita, un mondo completamente autosufficiente ed autoregolantesi, ebbene questa perversa visione ideologica è stata la causa principale dello sfaldarsi del predominio occidentale.
Infatti, la fiducia incondizionata dell’Occidente nel capitalismo, l’ha portato da un lato ad inginocchiarsi supinamente ai suoi piedi, sacrificando al dio profitto ed alla dea concorrenza ogni altro valore; dall’altro l’ha portato a costruire una narrativa, per la quale le leggi economiche del capitalismo sono state rivestite di un carattere divino, tale da renderle pressoché intoccabili come i dogmi della fede. 

Facendo leva su queste ingenue, quanto false verità, l’Oriente ha saputo usare con freddo cinismo le leggi dell’economia capitalista, asservendole però ad un preciso progetto politico. In altre parole, l’Oriente è ben conscio del carattere profondamente umano dell’economia e, come dovrebbe essere normale, la mette a servizio del suo progetto politico.

Ovviamente progetto politico non è sinonimo di democrazia. Tant’è vero, che, chi più chi meno, un po’ tutte le “tigri asiatiche” pagano dei dazi molto pesanti al sistema democratico in quanto tale.
Eppure, l’Occidente non può che limitarsi a constatare la deriva autoritaria delle principali
economie emergenti, facendone tutt’al più motivo di studio. Infatti, nonostante il suo patrimonio
di riflessioni secolari sul sistema democratico, da un punto di vista pratico è pressoché assoggettato alle trame ed agli interessi di qualche centinaio di multinazionali. Quindi si trova ad essere vittima della sua propria schizofrenia: da un lato professa la sua fede incondizionata nella democrazia e nelle sue regole; dall’altro si lascia governare e sfruttare da una ristretta cerchia di plutocrati, che nessuno ha mai votato, se non gli azionisti delle multinazionali, che rappresentano.
In questo processo storico, in atto ormai da una trentina d’anni, il COVID non ha fatto altro che
offrire nuovi elementi per la sua evoluzione.
Infatti, senza soffermarci sul carattere ancora abbastanza oscuro della sua comparsa, è invece
emblematica la differenza di risultati nella gestione della pandemia tra l’Oriente e l’Occidente; dove per Oriente non dobbiamo intendere solo la Cina, ma anche la Corea ed il Giappone perlomeno; mentre un discorso a parte andrebbe fatto per l’India, dove la tradizionale cultura delle caste sembra sposarsi bene con le forme capitaliste più selvagge.
In ogni caso sembrerebbe che il sentirsi parte di un corpo nazionale da parte dell’uomo orientale
ha certamente agevolato le autorità nel gestire la crisi pandemica; ed anche una popolazione
dall’età media molto elevata, come il Giappone, ha avuto percentualmente un numero di morti
inferiore rispetto all’Italia ed altri paesi europei. Purtroppo, l’attenzione è sempre troppo rivolta
solo alla Cina; così questo fenomeno molto spesso viene declinato in una forma piuttosto
pericolosa. Infatti, in non poche riflessioni viene sollevato il dubbio che, forse, il capitalismo
cinese, autoritario e statalista, sia la miglior forma di governo presente sul mercato mondiale;
perché lì, da un lato il capitale può spigionare tutte le sue possibilità, dall’altro la politica non si
perde nelle solite vuote negoziazioni di palazzo e svolge il suo ruolo essenzialmente direttivo e di programmazione. Così i populisti più o meno nostrani, che non conoscono bene le regole
democratiche, sono costantemente richiamati dalle sirene dei reali, o presunti, miracoli cinesi.
Certamente il nostro Occidente è in affanno su diversi fronti; ma a me pare che, da un punto di
vista biblico, la radice del suo fallimento sta nell’essere passato inconsapevolmente dalla scoperta della soggettività personale alla sua identificazione con l’individuo. Ovviamente questo non è lo spazio per approfondire questo tema. In modo molto approssimativo possiamo dire che la persona rimanda a tutto un mondo di relazioni, che la costituiscono; mentre l’individuo è una realtà tendenzialmente chiusa in sé stessa, pur essendo depositaria di diritti e di doveri. In altre parole, anche quando si vanno a vedere i diritti e i doveri dell’individuo, si tende a considerarli per ogni singolo individuo a sé stante.
Questo percorso storico-culturale ha portato alla babele occidentale, dove i diritti, presunti o reali,
di ogni singolo individuo, o del suo gruppo di pari, diventano un assoluto inviolabile, anche a
scapito della collettività. L’esempio forse più emblematico è che ai dieci individui più ricchi del
Pianeta, in base al diritto assoluto alla proprietà privata, viene riconosciuto il diritto di possedere
una ricchezza tale che, se volessero offrire parte del loro patrimonio, risolverebbero il problema
della manovra economica italiana per il 2021.
Questa deriva individualistica, purtroppo, è anche alla base della crisi della Sinistra e del mondo progressista in genere. Infatti, la sirena dei diritti individuali, o civili, ha finito per catalizzare l’attenzione della Sinistra, portando alla ribalta dirigenti più preoccupati per questo tipo battaglie, che non per la democrazia sociale e la giustizia sociale ad essa connessa. A scanso d’equivoci mi preme precisare che la questione non è se ci si debba occupare dell’una o dell’altra cosa. No. La questione sta nello scegliere qual è il criterio di lettura della realtà e con questo interpretare i fenomeni, per avviare dei processi di trasformazione.
Il virus, pur tra mille ambiguità, ha obbligato l’Occidente a recuperare il primato della Politica
sull’economia. Adesso si tratterebbe di portare a compimento il processo democratico, integrando
la lotta per i diritti politici universali, nella più radicale lotta per i diritti sociali universali. In altre
parole, è ormai chiaro a tutti che la Democrazia non può ridursi al diritto di votare, a proposito ed
a sproposito. A questo punto della Storia dell’umanità, se l’Occidente diventasse la culla dei diritti e doveri sociali fondamentali, certamente avrebbe molto da dire e da insegnare all’Oriente.

Pe. Marco