Finalmente ci ritroviamo a meditare e a celebrare, partendo da una Liturgia della Parola degna del momento liturgico: l’inizio della Quaresima. Purtroppo questa coincidenza è dono raro nell’attuale Lezionario domenicale ambrosiano…

Per le caratteristiche limitate di queste riflessioni, mi soffermerò solo sulla prima lettura: Is 58,4-10; un testo che sembra non subire la corrosione del tempo e dopo millenni rimane assolutamente profetico ed attuale.

Purtroppo i nostri “santi” liturgisti hanno tagliato i primi 3 versetti, che ci dicono il contesto dal quale nasce questa Parola di JHWH al suo Popolo. E il contesto è polemico, conflittuale, come è giusto che sia una relazione autentica e non meramente formale.

In questo caso il pretesto del confronto è l’insoddisfazione del Popolo nei riguardi di JHWH, che sembra non interessarsi e non valorizzare i suoi sforzi religiosi. Tradotto in un linguaggio contemporaneo, si tratta del popolo che frequenta regolarmente la Messa, che recita il Rosario quasi tutti i giorni e manda regolarmente figli e nipoti all’Oratorio ed alla catechesi.

Ebbene, questo Popolo ha la sensazione che il Signore non valorizzi questa sua tensione religiosa. Anzi, sembra che, ogni sforzo per essere persone religiosamente corrette, non abbia alcun valore agli occhi dell’Altissimo, visto che la vita, sia personale che sociale, non migliora, anzi peggiora sempre più.

E allora, che senso hanno queste pratiche religiose? Che senso ha la fedeltà al culto ed alle feste comandate? Che senso ha ancora andare in chiesa? Forse è meglio assistere alla televisione, o scegliere in internet il predicatore secondo i miei gusti personali.

E in effetti questa parvenza di cristianesimo non serve a nulla. Meglio che imploda definitivamente su sé stessa, perché appaia tutta la sua inconsistenza evangelica!

Già ai tempi di Isaia, chissà quanti secoli fa, questa contraddizione era più che evidente, perlomeno per le persone più lucide ed oneste.

Infatti, già Isaia mette a nudo come l’essere umano tenti di separare il culto dalla Vita. Anche l’uomo biblico, come il pagano, s’Illude di conquistare il Signore con qualche devozione, o qualche sacrificio costruito su misura del proprio super-io. Così, anche con le penitenze inutili, cerca di dire a sé stesso e agli altri di essere un buon cristiano, perlomeno un po’ meglio degli altri, tutti irrimediabilmente mediocri ed egoisti.

Invece, Isaia prima e poi Gesù ci dicono definitivamente, che noi non siamo i signori della Vita e della Storia. La realtà nasce da un progetto della Trinità. Gesù lo chiama Regno di Dio. Questo Regno è fondato sulla Giustizia e sulla Fraternità. Ecco allora che la vita spirituale autentica, il vivere secondo lo Spirito del Risorto, significa rinunciare ad essere padroni della propria ed altrui esistenza, per lasciarci istruire da questo Maestro, Gesù, e con Lui adeguare ogni nostra azione ed ogni nostro progetto alla logica del Regno.

Purtroppo il nostro limite esistenziale ed il nostro peccato spesso c’impediscono questa sintonia e questa conformità con il Regno di Dio. Così come la vita ci mette a contatto continuamente con persone e situazioni dove la Giustizia e la Fraternità del Regno sono palesemente negate. Ecco, tutto ciò è occasione ed appello per la nostra conversione. Infatti, il corpo ferito dell’umanità è sempre un appello per me. Attraverso le sofferenze e le ferite frutto dell’ingiustizia, il Signore Gesù ci chiama a fare la nostra parte, affinché la Fraternità del Regno possa essere ripristinata.

Purtroppo, oggi come ai tempi di Isaia, gran parte degli uomini e delle donne religiose non ne vogliono sapere di portare davanti all’altare le sofferenze dell’umanità. Anzi, molto spesso s’indispongono se nella celebrazione ci si confronta e ci si interroga sul cosa dobbiamo fare per i fratelli, che soffrono ingiustizie ed oppressioni. Anche perché, sotto sotto, c’è sempre il pericolo di scoprire, che noi stessi, magari involontariamente, collaboriamo con questa società escludente ed oppressiva. Allora è meglio che il culto funzioni come una droga, che ti anestetizza e ti offusca la percezione della realtà.

Addirittura oggigiorno si ha l’impressione, che la mercificazione e lo sfruttamento dell’uomo verso suo fratello abbia raggiunto un livello di sofisticazione tale, da farci toccare con mano tutta la nostra piccolezza ed impotenza.

Da qui l’attualità della Parola di Dio che c’invita a gridare, a denunciare la disumanità del nostro sistema seducente ed oppressivo ad un tempo, ammaliante ed escludente.

Forse, più che in altri tempi, anche recenti, il cristiano è chiamato, alla luce del Vangelo, ad essere questa voce e questo testimone di un mondo giusto e fraterno, sempre possibile perché questo è il sogno del Padre sulla realtà.

Questo è il sacrificio spirituale, di cui parlano la lettera agli Ebrei e la “Sacrosanctum Concilium”; questa è l’unica Penitenza gradita a Dio.

Eppure, è così lontana dalla nostre Comunità cristiane. Eppure le nostre prediche, la nostra catechesi, il nostro discorrere, dentro e fuori le Messe, difficilmente ruotano attorno a queste preoccupazioni.

Questa Quaresima, ancora una volta, è un tempo favorevole per la nostra conversione al Vangelo del Regno.

                                                                                   Pe. Marco