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Mentre mi apprestavo a scrivere questa riflessione, sono andato a rivedere chi erano esattamente gli interlocutori di Gesù. Per la prima volta nella mia vita ho notato che erano “quei Giudei che gli avevano creduto”. Non posso nascondervi la mia sorpresa, unita ad un certo sconcerto. Ovvero non sono i soliti: Sinedrio, farisei, Sadducei brutti e cattivi; neanche i Giudei in generale, bensì “i Giudei che avevano creduto”. Così all’improvviso quel confronto, apparentemente così lontano nel tempo e nei linguaggi, in realtà mi è apparso molto più vicino a noi di quanto pensassi.

Cercando di entrare ora nel merito del conflitto, qual è esattamente il motivo del contendere? O meglio, in che cosa consiste la radicale differenza nella visione di Abramo, che divide Gesù da questi suoi seguaci Giudei?

Per questi Giudei Abramo è una figura quasi mitica, straordinaria, del quale vogliono mantenere la memoria e celebrarne la grandiosità, per il coraggio e l’eroismo delle sua scelte. Con la circoncisione l’ebreo sancisce la sua appartenenza etnica alla sua discendenza. Quindi il loro orgoglio ed il loro privilegio è quello di essere figli di Abramo secondo la carne.

Gesù invece rivendica e sottolinea un altro tipo di appartenenza al popolo di Abramo: quella di coloro che credono come Abramo. Il credere come lui ci rende suoi discendenti. Anzi, l’atteggiamento di questi Giudei, esaltando Abramo come un cimelio da museo, ne contraddice l’anima più profonda, la sua caratteristica più tipica, che è il suo credere, il suo fidarsi radicalmente di JHWH.

Ma chi era realmente Abramo e cosa ha fatto di così straordinario e significativo?

La tradizione di Abramo, come quelle degli altri patriarchi, rimandano ad eventi antichissimi, tramandatici per secoli attraverso delle saghe tribali, custodite gelosamente dai loro discendenti. Pertanto ci è assolutamente impossibile oggi, a distanza di millenni, ricostruire i fatti realmente accaduti all’epoca. D’altro canto il contenuto della saga riguardante Abramo evidenzia chiaramente due fatti incontestabili.

Da un lato questa partenza misteriosa dalla sua terra natale, dove, tra l’altro, godeva di benessere e di prestigio sociale. Abramo era un ricco possidente, non un emigrante in cerca di fortuna. Quindi il suo viaggio acquista contorni ancora più misteriosi ed interessanti. Perché mai ha abbandonato la sua terra, la sua famiglia natale e va’ verso un destino non ben definito e insicuro?

Al tempo stesso con Abramo comincia ad apparire una nuova visione di Dio, unita ad un nuovo linguaggio per descrivere questo Mistero. Infatti, pur mischiata con il vecchio linguaggio antropomorfico, la tradizione di Abramo comincia a identificare Dio come Colui che parla, ma che non è raffigurabile in alcun modo, non può essere associato con nessuna realtà umana, o fenomeno naturale. In altri termini con Abramo Dio comincia ad essere definito come il Totalmente Altro, il Trascendente, rispetto alla nostra sensibilità umana. Al tempo stesso, questo Mistero, che il Pentateuco denominerà con il tetragramma sacro JHWH, è unico, non può che essere unico, pena il venir meno dei suoi caratteri assoluti: l’onnipotenza, l’infinitezza, l’onniscienza ecc… Non ci possono essere più dei, che contemporaneamente assommano questi tratti assoluti ed infiniti.

Il come e quando Abramo abbia maturato questa visione del divino non ci è dato sapere. Ma questa sua misteriosa chiamata, che rimanda a qualcosa di molto intimo e personale, lascia trasparire quasi una correlazione tra il suo mettersi in viaggio e questa nuova visione di Dio, che si sta formando in lui. Ecco allora che il suo lasciare tutto, probabilmente, è il lasciare quella visione del mondo e di Dio nella quale era stato allevato, per poter approfondire meglio queste intuizioni che stanno affiorando nella sua coscienza. Ed egli va’, affidandosi esclusivamente a questa voce che gli parla dentro, che lo chiama dal di dentro della sua coscienza.

Ecco allora che questa straordinaria capacità di riconoscere la voce di JHWH nel presente, dentro gli avvenimenti presenti, per andare con Lui incontro ad un futuro ancora in gran parte ignoto, sono le caratteristiche tipiche di Abramo, che Gesù rivendica e rilancia quale atteggiamento permanente del vero credente. Tra l’altro, questo tipo di fede avrebbe permesso anche a quei Giudei di confrontarsi con la proposta di Gesù: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Qui Gesù non sta chiedendo un’adesione fideistica. Lui sta lanciando una provocazione, che nella prospettiva di Abramo potrebbe trasformarsi in un confronto ed eventualmente in una sequela di Lui. Invece l’atteggiamento di venerazione idolatrica dei Giudei nei confronti di Abramo impedisce ogni possibile sviluppo futuro.

Fermandomi qui per non rendere troppo estesa questa riflessione, mi pare che in questa divaricazione tra due modi radicalmente diversi d’intendere la fede stia ancora oggi la grande divisione tra “i figli di Abramo secondo la fede” e coloro che non sono suoi figli…

Oggi come allora, i Giudei di sempre cercano di abbarbicarsi strenuamente a vessilli, dogmi e tradizioni di un passato mitico ed utopico e guardano al futuro come una minaccia sempre incombente, che potrebbe frantumare quei miti.

Il credente, cogliendo i segni, seppur flebili e misteriosi, della presenza di Gesù, affronta le sfide presenti fiducioso del fatto che il futuro appartiene al Padre fedele, che in Gesù, per sempre, ci ha detto il suo sì.

 

Pe. Marco