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Domenica la Diocesi di Milano celebrerà la Festa della Sacra Famiglia di Nazareth, mentre il resto della Chiesa l’ha già festeggiata nella domenica tra il Natale e il 1° Gennaio. Ovviamente questa ricorrenza è un’occasione per riflettere e valorizzare il ruolo della famiglia per la Chiesa e per la società. Eh sì, ma ciò che fino a pochi anni fa era perlomeno ovvio, ora non lo è più. Infatti, qualunque dei nostri bambini, se ha un minimo di curiosità intellettuale, oggigiorno potrebbe chiedere: ma cos’è la famiglia? Cos’è questa cosa di cui mi stai parlando?
Tant’è che, questa semplicissima domanda che in anni non sospetti i bambini avrebbero potuto rivolgere alla loro mamma, non sempre oggi può avvenire. Infatti, non pochi bambini non hanno più la mamma a cui rivolgere queste domande fondamentali, perché hanno… due papà.

Ovvero, questo banalissimo esempio è solo un pretesto, per dire la situazione in cui ci ritroviamo a vivere.
Non voglio assolutamente affrontare la querelle, riguardante il termine “famiglia”; ovvero se debba essere usato solo per le coppie eterosessuali, oppure per qualsiasi tipo di unione tra due persone adulte.

In realtà il problema non è legato al nome famiglia, ma a ciò che è sotteso allo stesso. Infatti, nel momento in cui decidessimo di chiamare tutto “famiglia”, subito dopo avremmo il problema di specificare di che tipo di famiglia stiamo parlando: monoparentale , eterosessuale,   omosessuale, per stare solo alle principali specificazioni.

FAMIGLIAEcco, allora, che forse era meglio mantenere questa denominazione esclusivamente per le coppie eterosessuali, come è sempre stato, e identificare in altro modo gli altri tipi di unione.
In ogni caso, ciò che è importante sottolineare è che queste distinzioni non sono un mero esercizio  nominalistico, un pretestuoso gioco di parole. No, anzi, come si addice ad un uso corretto del linguaggio umano, termini diversi indicano realtà diverse.
Ecco allora la necessità di ribadire, o di approfondire, il perché di questa insistenza della Chiesa nel rivendicare queste distinzioni. Fermo restando la possibilità di coesistere e confrontarsi con altre visioni del mondo, la Chiesa deve fare i conti con una Parola, che la precede e alla quale deve rispondere, pena il non essere più Chiesa di Gesù. Questa Parola, che confessiamo essere Parola di
Dio, ci attesta inequivocabilmente che “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” Gen 1,27, ovvero la forma normale ed al tempo stesso più alta del rivelarsi di Dio è la relazione eterosessuale. Ovviamente questa affermazione deve essere intesa come riferita ad una relazione adulta e responsabile. Ovvero qui non si vuole avvallare nessun biologismo, per il quale qualsiasi unione eterosessuale è segno dell’Amore di Dio.

Ma perché la Parola di Dio si esprime in modo così inequivocabile? Sappiamo infatti che, più o meno nello stesso periodo in cui furono redatti questi versetti, altre culture accettavano l’omosessualità come un dato culturale pacifico.
Nel nostro caso, pur riconoscendo che nella Bibbia sono presenti tendenze culturali e religiose, segnate dal pregiudizio nei confronti dell’omosessualità e quindi superate dall’evolversi della Storia della Salvezza, ciò nonostante i versetti sopra citati nascono da un contesto profondamente diverso.
Innanzitutto occorre avere qualche minima nozione del processo di formazione delle Sacre Scritture. In altre parole bisogna aver ben chiaro che la Bibbia non è scesa magicamente dal Cielo così com’è, ma ha avuto un lungo processo di formazione e di redazione.

Solo quest’ultima è durata circa un millennio; mentre è molto più difficile datare l’ancora più lungo processo di formazione dei vari miti e racconti, che ne costituiscono il contenuto. Di certo, però, è importante ricordare, ancora una volta, che la Bibbia non è scesa magicamente dal Cielo, ma nasce dentro la Vita e la Storia del Popolo d’Israele. E’ lui che, di fronte al mistero della Vita e delle sue innumerevoli sfide, s’interroga e cerca di capire il senso della realtà e delle varie vicende che la animano. In questo percorso, ad un tempo comunitario e di Fede, questo Popolo riconosce e professa come Parola di JHWH, Parola di Colui che è, l’Innominabile, quanto ci è stato consegnato fino ai nostri giorni.

Ciò significa che Israele non ha ricevuto dogmaticamente, acriticamente, il versetto di cui sopra.
Anzi, è esattamente il contrario.

Ovvero, osservando tutta la variegata gamma delle possibili relazioni sessuali, Israele riconosce che quella eterosessuale, oltre a generare una misteriosa  comunione/dedizione tra diversi, è anche fonte di Vita. Oppure, se vogliamo, l’incontro, frastagliato e  sofferto tra due esseri diversi, ma complementari, genera la Vita. Ma per Israele solo JHWH è la fonte della Vita. Ecco allora che nella relazione eterosessuale abbiamo la forma umana più alta, per rivelare qualche scintilla del Mistero di JHWH. Non solo. Quando la Rivelazione di JHWH arriverà al suo culmine in Gesù di Nazareth, tutto ciò apparirà ancora più chiaro. Infatti, la relazione eterosessuale, che trova la sua pienezza nella nascita del figlio, è certamente l’immagine umana del Mistero divino, ovvero del Mistero Trinitario.
L’evidenziare queste verità non vuole significa in nessun modo squalificare e condannare a priori qualsiasi altro tipo di relazione. Certamente rimane la sfida di comprenderle, nella misura del possibile, e collocarle nel loro giusto alveo.

D’altro canto questa preoccupazione inclusiva e non
discriminante non ha bisogno di tacere la Verità del reale per essere messa in pratica.

d. Marco