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Chiedo scusa a chi ancora sta vivendo l’euforia di fine/inizio anno, ma ho bisogno di condividere con voi queste riflessioni, prima che il tempo anestetizzi la durezza della realtà. Pertanto, a discrezione, potrà leggere il tutto nei prossimi giorni, chi non vuole rompere la magia di queste ore…

Le mie riflessioni nascono dalla deportazione delle otto ragazze nigeriane, che da circa tre anni erano ospitate in una casa a Sueglio, gestita dalla cooperativa “Arcobaleno” della Caritas. Confesso che in vari momenti ho rivissuto gli stessi sentimenti, di quando ero in Brasile ed, in questi passaggi delicati dell’anno, i potenti di turno approfittavano per sgomberare forzosamente mezzadri e “sem-terra”. Per contestualizzare un attimo la situazione, è bene ricordare che, in generale, le Caritas lombarde hanno deciso di non partecipare più ai bandi di concorso del Ministero degli Interni. Ciò come segno di protesta nei riguardi delle condizioni capestro imposte dai Decreti sicurezza, volti ad esasperare gli immigrati, perché tornino silenziosamente nei loro slum e nelle loro bidonville. D’altro canto, ad onor del vero, io ho sentito con le mie orecchie i massimi responsabili della Caritas dire che: “La Caritas non avrebbe abbandonato nessuna delle persone in carico, ma avrebbe continuato ad accompagnarle a proprie spese”. Purtroppo, entrando ora in questo inferno, non sono in grado di dirvi esattamente, se in questo caso si è trattato di una situazione al di fuori delle competenze/possibilità Caritas, oppure se quell’annuncio fu solo un tweet propagandistico, come quelli che vanno di moda di questi tempi.
Sta di fatto che, come accennavo in un messaggio di due giorni fa, a queste ragazze, prevalentemente provenienti dal traffico della prostituzione, da circa un mese era stato detto che sarebbero state trasferite, senza però dare alcun altra specificazione orientativa.
Grazie a Dio, alcune di loro si erano premunite ed avevano trasferito in un locale vuoto della canonica di Corenno un pullmino di vestiti usati da mandare ai loro familiari in Nigeria.
Infatti, ieri mattina 31 dicembre, improvvisamente è arrivata una telefonata della cooperativa “Itaca” avvisando che un loro operatore stava raggiungendo Sueglio, per compiere il trasferimento. In quell’occasione è stato anche comunicato che ogni ragazza non avrebbe potuto portare con sé più di due valigie, per un totale di Kg 50. Prese dalla disperazione, mi telefonano per chiedermi se posso andare con il pullmino dell’oratorio ed aiutare a gestire questa emergenza.
Arrivato a Sueglio, mi trovo davanti una scena scioccante: da un lato un normalissimo “Ducato”, che non avrebbe mai potuto portare tutto e tutte le persone coinvolte nel trasferimento. Dall’altro un ammasso di valigie, borse, sacchi della spazzatura pieni di vestiti. Confesso che, per un lungo tempo, sono stato preso da un grandissimo sconforto, al vedere come loro stesse sono vittime del nostro diabolico consumismo e si sono ritrovate schiacciate sotto l’accumulo di una quantità abnorme di cose, tenuto conto della condizione di precarietà in cui ancora vivono. D’altro canto, ancora una volta, quello era il segno inequivocabile del “motore immobile” che le spinge a rischiare persino le loro stesse vite, pur di venire in Europa.

Perdonatemi se mi prolungo nella narrazione, ma vorrei comunicarvi il più possibile il mio flusso di pensieri ed emozioni; mentre non c’è nella mia coscienza alcun giudizio di condanna…

Altro dettaglio non indifferente: tutto questo servizio sporco, inclusa l’accoglienza nella nuova casa a Ballabio, è stato affidato a uomini africani, operatori della cooperativa “Itaca”, alla faccia del riscatto della donna africana. Il personaggio, venuto con il pullmino, esibiva un’apparente professionalità gentile; anche se era chiara la sua insofferenza nei riguardi di quel caos. Durante il trasferimento da Sueglio a Ballabio le due ragazze, che viaggiavano con me, mi hanno accennato al fatto che quel personaggio sarebbe già stato sui giornali, per comportamenti non del tutto legali. Ma, anche questa è una notizia che devo vendervi con beneficio d’inventario…

Sta di fatto che, dopo un viaggio piuttosto rischioso, viste le condizioni estreme in cui si trovavano i due pullmini, verso le 14.00hs siamo arrivati a Ballabio. E qui troviamo l’ennesima situazione disumana. Vista l’ora, di pranzo e cibo neanche a parlarne. La casa è grande, su due o tre piani più una mansarda/solaio. Ci sono dei letti a castello con dei materassi, senza lenzuola. Al che ho capito, che chi è già passato per queste deportazioni ha imparato a non buttar via niente, perché non si sa quali novità porterà “l’anno che verrà”.

Non solo, dopo un po’ mi accorgo che altre ragazze che erano già nella casa al nostro arrivo, in realtà dovevano essere trasferite in un’altra struttura della cooperativa a Malgrate. In quel contesto surreale io stavo facendo esplodere la situazione perché, se da un lato le ragazze tentavano di coinvolgermi nella gestione logistica di questo ennesimo trasferimento, dall’altro gli operatori rivendicavano impazientemente che il tutto era di loro pertinenza, lasciando trasparire chiaramente che io avevo terminato il mio compito.
P
er non far precipitare la situazione e per celebrare la Messa di ringraziamento per questo bellissimo 2019, mi sono accomiatato, ma garantendo a tutti, operatori compresi, che avrei continuato a monitorare la situazione. Continuo a rimanere in contatto con le ragazze, ma non ho ancora ulteriori elementi significativi sulla situazione.

Nella solitudine in cui mi sono ritrovato a vivere questa esperienza, ieri sera nella famosa Messa di ringraziamento, ho fatto recitare una “Ave Maria”, introdotta da una semplicissima riflessione sul fallimento della nostra carità cristiana di fronte ad una situazione del genere. Si è già scatenata la bagarre, perché così facendo starei accusando i cattolici devoti di chiusura e razzismo. Sta di fatto che, né la Comunità pastorale a cui appartengo, né tantomeno il nostro Decanato, si sono minimamente interessati a questa vicenda.

E allora, mentre continuo a vivere questo mio esilio dorato in quel di Corenno Plinio, per questo 2020 appena iniziato sogno di poter entrare un po’ di più in questi bassifondi della storia, magari con qualche cristiano disposto a costruire qualche piccola risposta per alleviare questi dolori.

d. Marco