
Le letture di questa domenica (At 4,32-37; 1Cor 12, 31 – 13, 8; Gv 13,31-35) hanno come sfondo alcune annotazioni fatte quindici giorni fa. Oggi mi pare meritino qualche approfondimento, anche alla luce del nome scelto dal nuovo Papa: Leone XIV. Lui stesso ci ha spiegato il motivo di tale scelta: il desiderio di rilanciare quella Dottrina sociale, della quale Leone XIII era stato l’iniziatore.
Benedetto XVI nella bellissima Enciclica “Deus caritas est” ci ricordava che “L’amore del prossimo radicato nell’amore di Dio è anzitutto un compito per ogni singolo fedele, ma è anche un compito per l’intera comunità ecclesiale, e questo a tutti i suoi livelli: dalla comunità locale alla Chiesa particolare fino alla Chiesa universale nella sua globalità. Anche la Chiesa in quanto comunità deve praticare l’amore. Conseguenza di ciò è che l’amore ha bisogno anche di organizzazione quale presupposto per un servizio comunitario ordinato. La coscienza di tale compito ha avuto rilevanza costitutiva nella Chiesa fin dai suoi inizi: «Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno » (At 2, 44-45)… L’elemento della « comunione » (koinonia), qui inizialmente non specificato, viene concretizzato nei versetti sopra citati: essa consiste appunto nel fatto che i credenti hanno tutto in comune e che, in mezzo a loro, la differenza tra ricchi e poveri non sussiste più” n.20.
Benché Papa Benedetto XVI presenti questa scelta come la conseguenza estrema della Carità, è evidente che qui siamo oltre, o al di là della Carità. Qui ci troviamo di fronte ad un tentativo coraggioso di mettere mano alle strutture ingiuste della società, fondate sul primato della proprietà privata, per cercare di riportare la società al progetto originario del Padre, il Regno di Dio. Questo progetto originario nell’Antico Testamento viene denominato come Volontà di Dio, o Giustizia di Dio.
Questo progetto è giusto, perché fondato sulla fraternità, sul riconoscimento della pari dignità di tutti gli esseri umani, senza distinzioni. Dal punto di vista cristiano, tutto ciò non è filantropia, o una beata aspirazione da coltivare in circoli intellettuali. No, questa è la struttura della realtà creata dalla Trinità. Tutte le forme d’ingiustizia, di oppressione, di esclusione, soprattutto quelle legalizzate, “gridano vendetta al cospetto di Dio”, come diceva il catechismo di Pio X, perché oltraggiano, vanno contro il modello di società che Lui ha sognato.
I primi cristiani, che hanno riscoperto questo sogno del Padre attraverso la vita di Gesù, hanno cercato di fondare comunità dove rapporti giusti, perché fraterni, fossero la regola d’oro.
Purtroppo sappiamo come è andata… questa intuizione fondamentale è divenuta una sorta di scelta elitaria per le truppe speciali del cristianesimo: i movimenti e gli ordini religiosi.
Ciò nonostante la Parola di Dio rimane lì, come “un carbone ardente e una spada a doppio taglio”, per inquietare la nostra ipocrisia. Così nelle forme più imprevedibili richiama i cristiani alla fecondità delle loro origini.
E allora succede, che da un Papa apparentemente poco rivoluzionario, quale fu Benedetto XVI, ci siamo sentiti ripetere nella stessa Enciclica “L’amore — caritas — sarà sempre necessario, anche nella società più giusta. Non c’è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore. Chi vuole sbarazzarsi dell’amore si dispone a sbarazzarsi dell’uomo in quanto uomo. Ci sarà sempre sofferenza che necessita di consolazione e di aiuto. Sempre ci sarà solitudine. Sempre ci saranno anche situazioni di necessità materiale nelle quali è indispensabile un aiuto nella linea di un concreto amore per il prossimo” n. 28 e fin qui nulla di sconvolgente per il nostro cattolicesimo occidentale.
Ma qualche paragrafo precedente ci aveva ricordato che “Il giusto ordine della società e dello Stato è compito centrale della politica. Uno Stato che non fosse retto secondo giustizia si ridurrebbe ad una grande banda di ladri, come disse una volta S. Agostino” e “La giustizia sociale è lo scopo e quindi anche la misura intrinseca di ogni politica. La politica è più che una semplice tecnica per la definizione dei pubblici ordinamenti: la sua origine e il suo scopo si trovano appunto nella giustizia, e questa è di natura etica. Così lo Stato si trova di fatto inevitabilmente di fronte all’interrogativo: come realizzare la giustizia sociale qui ed ora?”.
Da qui la necessità, per noi cristiani, di rivedere i criteri con i quali valutiamo la Politica e le leggi da questa prodotte. Anche nelle democrazie occidentali ormai non si va molto più in là della pura libertà di voto. Di giustizia sociale non ne parla più nessuno; tanto meno ci si preoccupa di promuoverla. Eppure dovrebbe essere in cima alle preoccupazioni dei cosiddetti politici cattolici…
Speriamo che Papa Leone XIV riesca a risvegliare il sogno di un mondo giusto e fraterno.
Pe. Marco