Il brano della prima lettura, tratto dal Primo Libro dei Re (19,4-8), penso meriti qualche attenzione, per superare la riduzione eucaristica, alla quale vorrebbe ridurlo la liturgia di questa domenica. Infatti è uno snodo significativo del ciclo del profeta Elia, il primo grande profeta dell’Antico Testamento. Per coglierne il senso e la portata dobbiamo riandare a ciò che lo precede e a ciò che lo segue.
Nel cap. 18, a partire da una piccola crisi climatica, la siccità, il profeta entra in conflitto con il re Acab, circa le cause di quella crisi. Il profeta riconduce quella crisi alla deriva pagana d’Israele, che seguendo la regina Gezabele ha reintrodotto tutta una serie di divinità pagane. JHWH, il Trascendente assolutamente indicibile, viene ridotto ad una molteplicità di idoli a misura d’uomo, ideali per il consumo religioso. Elia contesta radicalmente questa deriva, ma rimane sostanzialmente solo nel difendere l’assoluta trascendenza di JHWH.
Come normalmente accade, quando il Potere abbaia fingendosi vittima di un profeta fanatico, ecco apparire i servi del Potere: uno stuolo di ben 450 falsi profeti, pronti a fare il verso al Re. Non è certo una novità contemporanea la schiera di preti e vescovi proni davanti agli uomini e alle donne della provvidenza. Elia li affronta a viso aperto in una sfida memorabile. La sua vittoria sancirà inequivocabilmente il suo stare dalla parte del Signore. Dunque la sua Parola è autentica. E’ la Parola di JHWH al suo Popolo.
Ma il re Acab, come tutti i potenti, confonde i ruoli; pensa di essere lui dio e di dare le carte. Così giura di voler eliminare questo credente, venuto ad intaccare il suo potere. A questo punto anche Elia crolla; la sua Fede comincia a vacillare. Sente paura e fugge nel deserto per scampare alle minacce del Re.
Ed eccoci al brano di questa domenica con questo misterioso intervento divino, che gli permette di recuperare almeno le forze fisiche. Ma il travaglio della Fede non è finito…
Con la forza di questo cibo Elia giungerà fino all’Oreb, la montagna sacra. Qui si rifugia in una caverna. La simbolica di questo luogo ci rivela due movimenti complementari nel travaglio spirituale di Elia.
Da un lato la fuga continua, la paura rimane; e allora cerca una caverna dove sfuggire dalla furia del Potere. Nonostante i tratti mitici di questa figura, non dobbiamo perdere di vista la sua profonda umanità. E questi passaggi la evidenziano chiaramente. Come sarà per Gesù sulla Croce, non c’è nulla di mitico, o eroico, se non la ricerca sofferta della fedeltà alla voce di JHWH, che parla alla sua coscienza.
Dall’altro lato nella caverna Elia cerca di entrare più profondamente nel Mistero di Dio, di coglierne i segni, di ascoltare più nitidamente la sua voce. Alla fine questo incontro avviene; prima però Elia dovrà lasciar cadere una ad una le sue aspettative su JHWH. Infatti, contrariamente alle sue attese, il Signore non interverrà miracolosamente come un vento, un terremoto, o un fuoco, per spazzare via le strutture di peccato, create dal connubio tra la casa reale e la pletora dei falsi profeti, dei servi del padrone di turno.
Molto più umanamente, fino ad essere divino, Elia ascolta “il rumore di un silenzio esile”, come dice la traduzione letterale dall’ebraico. Questa Parola, unica e irripetibile, ascoltata nella caverna della sua coscienza, non gli chiederà nessuna conversione radicale. Anzi lo confermerà definitivamente nell’opera che aveva iniziato. Con la certezza della benedizione divina, ovvero del suo sostegno, deve ritornare in Israele, per portare a compimento quella missione che JHWH gli ha affidato. Per chi volesse approfondire questo aspetto, può continuare a leggere la seconda parte di 1Re 19.
Questa testimonianza del profeta Elia, che dopo millenni ci affascina e ci seduce, risulta particolarmente significativa per i nostri tempi di chiara deriva idolatrica. Mi permetto di sottolineare due semplici conseguenze.
Ai cristiani ricordo che, in virtù del Battesimo, in Gesù Cristo noi tutti siamo profeti, oltre che sacerdoti e re. Ovvero ciascuno di noi può ascoltare la voce silenziosa, quanto imperiosa, della Parola di Dio. Questo ascolto non dipende dalle doti intellettuali, dal predicatore che spazza su Youtube, o dall’ultimo corso sulla Bibbia. Tutto ciò può essere utile, se ci permette di entrare e stare nella “caverna” della nostra Coscienza, per obbedire alla Sua Voce, unico criterio con il quale vogliamo leggere la Realtà. Solo così la nostra vita si lascerà guidare dalla Sua Parola e ci toglierà quella paura di andare controcorrente, di non riuscire ad imparare le note stonate del caos.
Inoltre, come sosteneva con chiarezza il prof. Moscatelli sabato scorso al Convegno della Caritas, di profeti come Elia ce ne sono, eccome! Ma chi li ascolta? Certamente, nel frastuono mediatico odierno, è molto più difficile riconoscere le loro voci e le loro testimonianze.
Ma se non intercettiamo questi testimoni, il caos può solo aumentare e con lui la nostra angoscia…
Pe. Marco