La partecipazioneai riti religiosiin Italia dal 1993al 2019,Rubbettino,Soveria Mannelli (CZ)2024, pp. 128, € 13,00.
Tutti incolpano il COVID per il calo dei fede-
li alla messa domenicale, ma è davvero
così? In realtà, a guardare i dati di lungo pe-
riodo l’andamento era del tutto prevedibile e
in corso già da tempo. Il libro del sociologo
Diotallevi prende infatti in esame i dati che si
riferiscono alla «partecipazione a riti religiosi
altamente istituzionalizzati» (PRRAI) nel pe-
riodo di tempo che va dal 1993 al 2019 e par-
la di uno «sbiadimento», cioè di un calo non
solo numerico, ma anche d’intensità.
Infatti, il partecipare o meno ai riti ha
«un’influenza (statisticamente rilevabile)
sempre più circoscritta e sempre più debole
(quando non ormai nulla) sui comportamen-
ti (dichiarati) di coloro che si definiscono
“praticanti almeno settimanali”» (86). Il che
porta a interrogarsi su quanto l’offerta della
riforma liturgica del Vaticano II abbia risposto
adeguatamente e abbia interagito col pro-
cesso più generale della secolarizzazione. E
su come nuove forme rituali tra loro molto
diverse (dalle più pop alle più tradizionaliste)
possano coesistere e per quanto a lungo.
Due variabili rimangono significative:
quella dell’età e quella del genere.
Quanto alla prima, Diotallevi afferma
che il fattore età assieme alla frequenza alla
messa «disegna una sorta di “U” irregolare. I
valori più elevati vengono fatti registrare in
età infantile e primo-adolescenziale. Alla
difficoltà nella trasmissione dei comporta-
menti religiosi tra generazioni e alla diminu-
zione del numero di genitori “praticanti re-
golari”, si somma la decrescente capacità
delle organizzazioni dell’offerta religiosa di
raggiungere (…) i figli dei “non praticanti”. A
partire dall’adolescenza si registra ormai un
brusco calo sino a toccare i minimi nelle pri-
me età centrali della vita. Poi si osserva una
certa ripresa» (88).
Tuttavia «mentre il declino iniziale (la
prima parte della “U”) si è fatto sempre più
rapido (la fase della prima e seconda socializ-
zazione religiosa diviene sempre più breve e
il profilo medio femminile ha ormai quasi del
tutto perso la propria originalità rispetto a
quello maschile medio, meno propenso a
praticare questi riti), e mentre il picco negati-
vo si fa più profondo e più precoce, si verifica
che il recupero successivo (la seconda metà
della “U”) rallenta sino a scomparire per i nati
dopo la metà degli anni Cinquanta del Nove-
cento (…) Ogni generazione pratica un po’
meno della precedente (…), anticipa il mo-
mento del distacco da questo tipo di riti e te-
stimonia un attenuarsi sino ad annullarsi del
recupero in età più avanzate» (89).
Quanto alla seconda, come già ipotizza-
to da altre ricerche, si può dire con certezza
che «le donne stanno disertando i riti religio-
si (…) a un ritmo più veloce di quello degli
uomini» (ivi). E questo non è senza conse-
guenze per il panorama religioso italiano co-
me l’abbiamo sin qui conosciuto, soprattutto
per la caratteristica tipicamente femminile
della trasmissione della fede nella Penisola.
Altro dato interessante, rileva il sociolo-
go, è quello dell’attenuarsi della connessione
tra partecipazione alla messa settimanale e
altre variabili sociologiche: un esempio è
quello della sotto-rappresentazione dei
messalizzanti tra chi si dedica al volontariato
(cf. 92), cosa che da sola meriterebbe ulteriori
approfondimenti.
In definitiva, la sociologia deve «rasse-
gnarsi a, e meglio attrezzarsi per, trattare di
nuove religioni e nuove spiritualità» (94) in
forma del tutto plurale. Infatti, alla crisi «(tut-
tora in corso e ancora non pienamente con-
sumata, per quanto già molto avanzata) non
è seguita la scomparsa della religione, ma la
sua trasformazione, l’assunzione di uno stato
di continua fibrillazione e sperimentazione
(…) Di questo stato di diffusa e profonda
sperimentazione fanno parte tanto le molte
nuove o profondamente rinnovate offerte
religiose (…) quanto una profonda articola-
zione interna, un’ulteriore accentuazione,
del pluralismo di cristianesimi e anche di cat-
tolicesimi, oltre che una messa in discussione
dell’inevitabilità della identificazione esclusi-
va di questi come la religione» (ivi).
Detto tutto questo – naturalmente cor-
redato da grafici e tabelle utili da esplorare
anche per i non specialisti – si aprono inter-
rogativi non solo per il cattolicesimo ma an-
che per l’ebraismo e l’islam.
«Le nuove offerte religiose, e tra loro le
“nuove spiritualità”, vivono solo consuman-
do l’enorme eredità religiosa ancora disponi-
bile, senza ricostituirla e dunque auto-desti-
nandosi all’estinzione e intanto alla subalter-
nità sociale (al politico, all’economico o ad
altro ancora) oppure costituiscono e stanno
costruendo i presupposti per una successio-
ne alla “religione”? Quanta parte dei “cristia-
nesimi” si ridurrà a competere sul terreno
neo-religioso delle “nuove spiritualità” e
quanta si asserraglierà nel ridotto, sempre
più ridotto, della “religione”?» (95).