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La Croce dell’Io e il Dio della Croce

Posted on 20 Luglio 202427 Ottobre 2024 By admin Nessun commento su La Croce dell’Io e il Dio della Croce

“La dignità, il coraggio, il silenzio, con cui tu porti avanti i tuoi problemi, rivelano quanto sono piccoli i miei e mi fanno desiderare di affrontarli con il tuo sorriso”.

Per risvegliarci dal torpore sonnolento della calura estiva, la nostra liturgia ambrosiana ci offre due pezzi da novanta per le Celebrazioni di questa domenica. Non invidio, chi si ritroverà a commentarli sulle spiagge dei laghi, o nei vari borghi di villeggiatura! Pertanto, anch’io non posso sperare miglior sorte per queste poche, ma impegnative, riflessioni.

I testi di riferimento sono: 1Cor 1, 25-31 e Mc 8, 34-38.

Partiamo dal Vangelo. Questi sono versetti fondamentali, per cogliere l’intera logica evangelica; eppure, come direbbe Lutero, anche qui il diavolo ci ha messo la coda. Come? Trasformando questi versetti in un appello di Gesù a portare la propria croce, svincolandoli, però, dal loro contesto. Così, buona parte della spiritualità, più pagana che cristiana, si è sbizzarrita ad inventare sacrifici e penitenze di tutti i tipi, da offrire al dio dei sacrifici, il dio del paganesimo appunto.

In realtà, questo appello di Gesù s’inserisce in un contesto ben preciso. Mentre cammina coi suoi discepoli, chiede un riscontro sulla prima parte della sua missione salvifica; così rivolge loro le famose domande “chi dice la gente che io sia? E voi cosa dite di me?”. Da qui la prima professione di Pietro a nome dei Dodici: “Tu sei il Cristo!”. Gesù, ben conoscendo il background di questa affermazione, ne approfitta per dare il primo annuncio della Passione/Risurrezione. Visto il rifiuto scomposto, ma trasparente di Pietro, Gesù lo richiama alla sequela, ovvero a fare il discepolo e non il maestro. A questo punto viene il nostro brano di oggi, dove praticamente Gesù riprende come insegnamento universale, quanto ha detto a Pietro in particolare.

Ed ecco allora, che la nostra vera Croce non consiste nel fare questo o quel sacrificio, ma nel rinunciare liberamente ad essere noi i protagonisti della Salvezza. Noi esperimentiamo la Liberazione solo mettendoci alla scuola, meglio alla Sequela, di Lui Gesù di Nazareth. Questa scelta di fondo, da verificare costantemente, ci porterà a guardare la realtà con i suoi occhi ed a porgi nel mondo con gli stessi suoi atteggiamenti, senza preoccuparci delle convenienze e delle conseguenze, ma solo affidandoci e fidandoci sempre e solo del Padre.

E così, quasi miracolosamente, la Liturgia ci propone come approfondimento di questo tema fondamentale, un testo della Teologia della Croce di S. Paolo. Anche in questo caso, se estrapoliamo il brano dal contesto neotestamentario, possiamo farne un manuale per masochisti e autolesionisti. Cosa questa totalmente estranea all’Apostolo.

Paolo constata che Gesù ci ha salvato scegliendo e condividendo tutto ciò che umanamente disprezziamo, scartiamo perché ignobile e fragile, rifiutiamo perché è debole e povero. Addirittura Gesù accetta di condividere la sorte dei maledetti del dio degli uomini: i crocifissi di tutte le epoche e di tutte le ideologie.

Condividendo la sorte dei disprezzati e dei rifiutati dalla storia degli uomini, Gesù di Nazareth ci mostra un altro mondo, un altro modo di guardare e d’intendere la Vita. In questo sguardo altro, che parte dagli Ultimi e dagli Oppressi, sta la nostra Salvezza, la nostra Liberazione.

Concludendo questo piccolo contributo, mi preme condividere con voi l’esperienza che in parte l’ha generato. Infatti, il Signore mi ha fatto meditare questi brani, dopo avermi fatto condividere una di queste esperienze evangeliche.

Nel corso di una lunga telefonata con una migrante, ad un certo punto la signora cerca di ringraziarmi, dicendo: “Tu sei un vero Angelo, mandato da Allah, perché mi ascolti pazientemente, mentre ti racconto tutti i miei problemi. Il tempo che mi dedichi è il regalo più grande che mi fai”. Consapevole di aver fatto ben poco per lei, cerco di difendermi da questi elogi immeritati. Vista la sua insistenza e per cercare una via d’uscita, le dico superficialmente: “Ma anche tu sei un grande dono per me”. Purtroppo, o per fortuna, m’incalza: “Come posso essere un dono per te con tutti i problemi che ti porto?”. Non potendo ormai sfuggire da quella “trappola”, nel vorticoso susseguirsi di pochi secondi ho dovuto fare mente locale e giustificare la mia sprovveduta affermazione.

Lo Spirito, che Gesù ci aveva promesso, è arrivato puntuale, permettendomi di risponderle. “La dignità, il coraggio, il silenzio, con cui tu porti avanti i tuoi problemi, rivelano quanto sono piccoli i miei e mi fanno desiderare di affrontarli con il tuo sorriso”.

Questa è la logica della Croce…

                                                                                   Pe. Marco  

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