“E’ vero che il principio esposto dal Concilio Lateranense IV è sempre stato confermato nella
Chiesa: ‘Chi agisce contro la sua coscienza edifica la geenna’, quindi, obbedire a un’altra autorità
significa peccare. Ma in realtà, negli ultimi secoli, la propria coscienza è stata guardata con
sospetto e seguirla è stato considerato peccaminoso quando è entrata in conflitto con un’altra
autorità considerata superiore, quella della Chiesa”, scrive il monaco italiano Enzo Bianchi,
fondatore della Comunità di Bose, in un articolo pubblicato su La Repubblica, 05-08-2024. La
traduzione è di Luisa Rabolini.
Ecco l’articolo.
Lunedì scorso, sulle colonne di questo giornale, Ilvo Diamanti ha presentato e interpretato i dati
dell’indagine Demos sulle passioni degli italiani. E il risultato, per quanto riguarda il fenomeno
religioso, è che in pochi anni l’interesse per la religione e, di conseguenza, per la Chiesa è
diminuito notevolmente: si tratta di realtà sempre meno entusiasmanti, il cristianesimo sembra
sempre meno eloquente e la Chiesa sta perdendo la sua qualità di riferimento, di autorità
universale. Purtroppo questi dati convergono con i risultati di altre indagini: quella di Luca
Diotallevi (La messa sbiadita, Rubbettino 2023) a quelle delle istituzioni cattoliche.
E’ inutile confessare che il credente cristiano soffre di questa riduzione, in cui non solo il
cristianesimo scompare, ma la comunità cristiana corre il rischio di non essere più rilevante. Anche
perché è necessario riconoscere che la Chiesa, almeno nella voce e nell’azione di Papa Francesco,
è diventata più missionaria, più capace di dialogare e di presentare la fede in un modo che la
renda “buona notizia”.
I cristiani che cercano di vivere il Vangelo nelle comunità ecclesiali si sentono disorientati nel
misurare la loro impotenza per essere significativi oggi, perché non hanno paura di diventare una
minoranza, ma vorrebbero essere una minoranza significativa, sale della terra e lievito nella pasta
della storia del mondo. Ma deve essere chiaro: se c’è un allontanamento dal cristianesimo, non c’è
migrazione verso altre fonti di vita, c’è solo un’adesione alla marea dell’indifferenza. E questa non
è certo un’acquisizione positiva per l’umanità. Nell’indagine di Demos, però, emerge un elemento
promettente: “Tra coloro che dichiarano una pratica religiosa assidua e regolare, l’insegnamento
della Chiesa è considerato prevalentemente utile, ma non essenziale, perché ciascuno deve agire
secondo la propria coscienza”. Questo fatto non va minimizzato, poiché rivela una novità nel
popolo cattolico: l’emergere della coscienza individuale, dell’esercizio di un discernimento
personale dotato di autorità, che orienta le decisioni e le azioni.
È vero che il principio esposto dal Concilio Lateranense IV è sempre stato confermato nella Chiesa:
“Chi agisce contro la sua coscienza edifica la geenna”, perciò obbedire a un’altra autorità significa
peccare. Ma in realtà, negli ultimi secoli, la propria coscienza è stata guardata con sospetto e
seguirla è stato considerato peccato quando si è entrati in conflitto con un’altra autorità
considerata superiore, quella della Chiesa. Se chi invoca l’esercizio della coscienza è anche in grado
di proteggere la propria coscienza, formandola, fornendole occasioni di confronto, rendendola
capace di ascoltare il Vangelo, è una buona acquisizione.
Questo, però, esige una fede ponderata, richiede di farsi adulti e responsabili nella comunità
cristiana, riscoprendo la passione della fede. Perché ciò che realmente minaccia la Chiesa oggi è la
debolezza della fede e la mancanza di vera fraternità vissuta tra coloro che si dicono discepoli di
Gesù.