Dovendoci necessariamente confrontare con questo grande Vangelo della Samaritana, scelgo liberamente tre suggestioni per la riflessione, senza alcuna pretesa di commentare l’intero brano.

8-paolo-veronese-1585-kunsthistorischesmuseum-vienna-777x437La prima la titolerei così: Per Gesù, chi è più forte deve fare il primo passo. Questo atteggiamento mi sembra evidente nell’approccio di Gesù alla Samaritana. Per la cultura ambiente, in cui avviene l’incontro, Gesù non ha alcun motivo per cercare questa donna: non ha realmente bisogno di lei, è un uomo, che non cerca avventure, e per di più è già riconosciuto come “Rabbi, Maestro”. Lei certamente avrebbe bisogno di Lui, sia per un consiglio, oppure per l’ennesima avventura amorosa. Ma, se vogliamo rimanere semplicemente sul versante positivo, probabilmente lei non avrebbe mai avuto il coraggio di scomodare tanta autorità. Ecco allora che Gesù si fa avanti, ma non dall’alto del suo prestigio, o della Sua autorità, bensì cerca un pretesto per “entrare nel mondo della donna”, per metterla a suo agio, valorizzandola in ciò che di buono lei ha e può offrire. In questo modo l’incontro, per quanto è possibile, si realizza su di un piano paritario.

È dentro questo spazio, di rispetto e di gratuità, che la donna se mette in gioco liberamente e lascia cadere le principali barriere di difesa. Nel mondo missionario questo atteggiamento rientrerebbe nel più ampio capitolo dell’inculturazione. Per la nostra Chiesa ambrosiana, che sta entrando nel vivo del Sinodo su “La Chiesa dalle genti”, mi pare che sia un ‘indicazione di metodo preziosissima. Dobbiamo stare attenti, noi cattolici “lumbard”, a non preparare meravigliosamente i “nostri ambienti”, per accogliere “genti”, che forse non avranno mai il coraggio di entrarvi… Oppure continuare a ripetere paternalisticamente come “loro” devono convertirsi alla nostra cultura, se vogliono che li accettiamo tra di noi. Forse Gesù ci chiede di cercare anche noi dei “pretesti per entrare nelle loro case” e chissà.

 

imagesLa seconda suggestione potremmo intitolarla: Alla ricerca del settimo uomo/donna. Infatti, con un percorso tipicamente giovanneo, se osserviamo attentamente il colloquio della Samaritana con Gesù, percepiamo che, dopo il travagliato percorso degli altri sei uomini della sua vita, alla fine, incontra in Gesù il Settimo Uomo, ovvero l’Uomo nuovo, l’Uomo in pienezza. Certamente San Giovanni, attraverso questa donna, vuole indicarci Gesù come il Figlio dell’Uomo, che incarna in pienezza il progetto del Padre e può, quindi, essere il faro e l’interlocutore privilegiato, per districarci nell’ardua fatica del vivere. Forse, però, a partire da queste premesse, possiamo spingerci un po’ oltre. Infatti a me pare estremamente interessante il fatto che, in colei nella quale questo Rabbì avrebbe dovuto riconoscere il concentrato delle passioni e della sensualità, ebbene Gesù coglie il desiderio fondamentale, che anima ogni esistenza umana: la ricerca del Settimo Uomo/Donna, la ricerca del Figlio dell’Umanità. Anzi mi verrebbe quasi da pensare, anche alla luce degli incontri fatti lungo il mio ministero, che il percorso tortuoso e contradditorio della vita di questa donna, in realtà, più che frutto di perversione, sembrerebbe frutto di una ricerca più appassionata, totalizzante, di quel “mitico” Settimo Uomo. Chissà se Gesù l’aveva “guardata” così anche Lui.

 

guercino-gesu-e-la-samaritanaLa terza suggestione penso possa mantenere lo stesso titolo di questa riflessione: C’è un luogo per adorarti Signore? La domanda è volutamente ambigua e polivalente. Comunque la si intenda, vuole riflettere la domanda della Samaritana, preoccupata di sapere qual è il Tempio autentico, dove si realizza il culto autentico e, di conseguenza, dove nasce la vera religione, la vera spiritualità, la vera chiesa ecc… “I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare”. Gesù non disprezza la domanda, perché ammette che “la salvezza viene dai Giudei”; oggi, probabilmente direbbe: “La Chiesa Cattolica ha mantenuto la pienezza della Tradizione Cristiana”. D’altro canto, però, va oltre questa domanda e le indica ciò che è veramente essenziale, al di là del luogo e della tradizione religiosa, in cui viene realizzata “l’adorazione”: “I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”. Cosa significa questa risposta? Come spesso succede nel Vangelo, le risposte di Gesù sono delle vere e proprie provocazioni a riflettere, più che delle definizioni chiare e distinte.

Dal contesto del Vangelo di Giovanni possiamo ragionevolmente dire che, questo spirito è lo Spirito Santo e non tanto l’interiorità dell’uomo. Mentre la verità è Gesù ed i valori del Regno di Dio, che Lui incarna e vive. Ecco allora che “l’adorazione”, che il Padre si aspetta da noi, credenti e non, è quella che nasce dalle nostre esistenze, quando, ascoltando lo Spirito Santo, che parla al nostro cuore, cerchiamo giudicare e agire in conformità alla Verità dei valori del Regno di Dio, che per noi cristiani s’incarnano nella persona di Gesù.

Anche in questo caso, mi pare che Gesù, non sia preoccupato con questioni identitarie e di appartenenza religiosa, per ricondurre, invece, tutte le problematiche ad una preoccupazione di ortoprassi. In altre parole, anche ricordando Mt 25, il vero culto e la vera adorazione viene fatta da coloro che, docili allo Spirito, giudicano e trasformano la realtà alla luce del Vangelo.

 

Pe. Marco