penso sia quanto mai urgente ricostruire spazi e momenti per confrontarci e aiutarci ad assumere atteggiamenti ispirati dal Vangelo su questioni decisive, quali appunto l’aborto, l’ideologia gender, l’industria delle armi, i migranti, il senso ed il valore della domenica.

Anche quest’anno, come era già successo qualche anno fa a Dervio, ho avuto l’opportunità di partecipare ad un pranzo solenne per la chiusura del Ramadan, il tempo del grande digiuno mussulmano. Quest’anno ero a casa di Fatou, la signora che fa le pulizie a casa mai. Si sono riunite tre donne senegalesi: Fatou appunto con i suoi tre figli, Bita con i suoi tre, ma senza il marito che era al lavoro, e Yacine vedova con una bambina di quattro anni.

Il contesto era sostanzialmente semplice, anche se i cibi erano deliziosi. Non chiedetemi i nomi degli stessi, perché non ne ho la minima idea.

Nonostante avessi chiesto a Fatou l’orario del pranzo e lei mi avesse detto “dopo mezzogiorno”, all’arrivo ho trovato i bambini, che giocavano, le mamme che conversavano allegramente, ma del pranzo solo vaghi sentori. Quando hanno cominciato a portare in tavola qualche vivanda, ho scoperto, che quello doveva essere come i nostri pranzi natalizi tradizionali, che si prolungano per tutto il pomeriggio.

Il dato più eclatante di quella festa era la presenza maggioritaria dei ragazzi e dei bambini: sette, a fronte di quattro adulti. Nessuna di quelle tre famiglie vive agiatamente, anzi due di loro attraversano grossi problemi economici e familiari. Eppure, lì c’era la Vita in tutta la sua esuberanza e con tutti suoi paradossi; ma la Vita è più grande e più forte e vince anche la morte, come diciamo nelle nostre celebrazioni pasquali. Eppure, al di là di questa proclamazione sempre più formale della nostra Fede, la realtà delle nostre famiglie a vario titolo cattoliche molto spesso non sa più cosa sia la Vita, né per che cosa valga la pena dare la Vita, risucchiate nel binomio mortale del consumare per piacere e del piacere da consumare.

Certamente le morsa del consumismo materialista sta contaminando anche loro, i mussulmani. Chissà se la loro Fede in Allah non sarà più forte e non aiuterà anche noi cattolici a risorgere dalle secche mortali del materialismo.

Però, un altro pensiero mi ha spinto a scrivere queste quattro bazzecole e mi è venuto esattamente mentre entravo in quella casa per la Festa. Quando mi corsero incontro i bambini per abbracciarmi, mi venne subito in mente la scuola di Pioltello con le miserabili polemiche, che l’hanno resa nota in tutta Italia. Subito, facendo finta di niente, ho chiesto ai bambini: “Come mai siete già qui? Non siete andati a scuola oggi? Perché?”. In assoluta semplicità mi risposero: “Ma oggi è Festa. E’ finito il Ramadan!”.

Dopo aver fatto loro i complimenti per questa scelta di qualità, il mio pensiero è riandato ai cristiani del III° e IV° secolo e ai molti cristiani ancora oggi perseguitati, che però testimoniano la loro Fede con scelte come questa. E’ questo modo semplice, ma coerente, di vivere la propria Fede, che cambia il corso della Storia. Infatti, è grazie a scelte del genere, divenute prassi dominante, che i cristiani hanno cambiato i ritmi dei tempi e delle stagioni. Hanno fatto sì che la settimana ruotasse attorno al Giorno del Signore e il calendario fosse ritmato dalle varie Feste cristiane. Il tutto, ripeto, quando ciò non era scontato e comportava una scelta ed un costo.

E oggi, noi che proclamiamo a gran voce la Risurrezione di Gesù e la sua vittoria sul mondo e sulla morte, su quali scelte mettiamo in gioco il nostro essere cristiani? Su quali comportamenti, o su quali appuntamenti, ci aiutiamo comunitariamente a viverli, indipendentemente dalle tendenze della società in cui viviamo?

Capisco che questo è un crinale delicato e tutti noi portiamo nel cuore gli anticorpi contro una deriva integralista. D’altro canto l’esempio dei bambini mussulmani penso sia emblematico. Testimoniare la propria Fede è altra cosa dal volerla imporre a chi la pensa diversamente. Il testimone cristiano, che è sinonimo di martire, si lascia uccidere per non pregiudicare ciò in cui crede, ma si guarda bene dall’uccidere per difendere ciò in cui crede.

Tralasciando una discussione sulla questione politica della legge dell’aborto ed altre simili, perché contaminata da troppi interessi elettorali, ciò che per me è importante è la qualità del nostro confronto e della nostra prassi comunitaria. In altre parole, penso sia quanto mai urgente ricostruire spazi e momenti per confrontarci e aiutarci ad assumere atteggiamenti ispirati dal Vangelo su questioni decisive, quali appunto l’aborto, l’ideologia gender, l’industria delle armi, i migranti, il senso ed il valore della domenica ecc…

La cartina di tornasole di tutto ciò è la qualità della catechesi nei suoi vari livelli. Purtroppo, vedendo il riscontro che ne danno i diretti interessati, i ragazzi/giovani, più che iniziazione alla Vita cristiana sembra essere un percorso d’intrattenimento su alcuni valori cristiani. Volutamente si evitano questi ed altri temi divisivi e, quando proprio si deve fare i conti con la realtà pagana in cui viviamo, vedi questione di date e orari, educhiamo i nostri ragazzi/giovani ad adattarsi silenziosamente all’agenda della società pagana, incastrando faticosamente gli appuntamenti religiosi nei residui di tempo ancora disponibili.

Questa inconsistenza delle Comunità cristiane non può che subire le varie colonizzazioni culturali, o religiose, del momento.

                                                                                   Pe. Marco