
La Grazia a caro prezzo
“La grazia a buon prezzo è il nemico mortale della nostra Chiesa. Noi oggi lottiamo per la grazia a caro prezzo.
Grazia a buon prezzo è grazia intesa come dottrina, come principio, come sistema; è perdono dei peccati inteso come verità generale, come concetto cristiano di Dio. Chi la accetta, ha già ottenuto il perdono dei peccati. La Chiesa che annunzia questa grazia, in base a questo suo insegnamento è già partecipe della grazia. In questa Chiesa il mondo vede cancellati, per poco prezzo, i peccati di cui non si pente e dai quali tanto meno desidera essere liberato.
Grazia a buon prezzo, perciò, è rinnegamento della Parola vivente di Dio, rinnegamento dell’incarnazione della Parola di Dio. Grazia a buon prezzo è giustificazione non del peccatore, ma del peccato. Visto che la grazia fa tutto da sé, tutto può andare avanti come prima. «È inutile che ci diamo da fare». Il mondo resta mondo e noi restiamo peccatori «anche nella migliore delle vite». Perciò anche il cristiano viva come vive il mondo, si adegui in ogni cosa al mondo e non si periti in nessun modo – a scanso di essere accusato dell’eresia di fanatismo – di condurre, sotto la grazia, una vita diversa da quella che conduceva sotto il peccato.
Grazia a buon prezzo è annunzio del perdono senza pentimento, è battesimo senza disciplina di comunità, è Santa Cena senza confessione dei peccati, è assoluzione senza confessione personale. Grazia a buon prezzo è grazia senza che si segua Cristo, grazia senza croce, grazia senza il Cristo vivente, incarnato.
Grazia a caro prezzo è il tesoro nascosto nel campo, per amore del quale l’uomo va e vende tutto ciò che ha, con gioia; la perla preziosa, per il cui acquisto il commerciante dà tutti i suoi beni; la Signoria di Cristo, per la quale l’uomo si cava l’occhio che lo scandalizza, la chiamata di Gesù Cristo che spinge il discepolo a lasciare le sue reti e a seguirlo.
Grazia a caro prezzo è “l’Evangelo che si deve sempre di nuovo cercare, il dono che si deve sempre di nuovo chiedere, la porta alla quale si deve sempre di nuovo picchiare.
È a caro prezzo perché ci chiama a seguire, è grazia, perché chiama a seguire Gesù Cristo; è a caro prezzo, perché l’uomo l’acquista al prezzo della propria vita, è grazia, perché proprio in questo modo gli dona la vita; è cara, perché condanna il peccato, è grazia, perché giustifica il peccatore.”
Dietrich Bonhoeffer, Sequela
Trovandomi a meditare sulla santità in occasione delle festività di questi giorni, mi è tornato alla mente questo capolavoro della spiritualità del Novecento, Sequela appunto, di questo grande teologo tedesco, che avendo colto il processo di assimilazione della Chiesa luterana al neopaganesimo occidentale, aveva fondato la Chiesa confessante. Morirà impiccato dai nazisti, per aver partecipato a uno degli attentati contro Hitler.
Ma questa reminiscenza non fu causale. Infatti, commentando uno dei Vangeli di questi giorni (Mt 19,9-12), mentre cercavo di sottolineare l’equiparazione evangelica tra la scelta verginale e la scelta matrimoniale cristiana, ad un certo punto ho sottolineato la disinvoltura con la quale si celebra il matrimonio in Chiesa indipendentemente da una scelta di vita cristiana. Di fronte a queste contraddizioni e a qualche domanda da me posta, una cara signora molto devota e praticante mi faceva notare, che forse non tenevo in debito conto della famigerata misericordia. Perché, diceva, sollevare tutti questi dubbi e queste domande? La gente è già fin troppo stressata ed ha ben altro a cui pensare! Lasciamo stare le cose come stanno, in fondo Dio non è misericordioso?
Dopo non poche domande e qualche dubbio da parte mia, mi sono ricordato di queste righe di questo testo della mia formazione seminaristica. Quella che Bonhoeffer chiama grazia, noi oggi la chiamiamo sostanzialmente misericordia. In entrambi i casi, con lo stesso nome si possono indicare realtà molto diverse; soprattutto c’è una visione pagana di questa realtà, che pensando di rendere gloria a Dio, di esaltarne la grandezza, annulla la libertà umana. Così, qualsiasi cosa faccia la libertà umana, Dio l’accetta e la benedice così com’è. Quale ingiustizia! Se fosse così, avrebbe ancora senso parlare di santità e di peccato? Altra cosa è affermare con S. Paolo, che nulla può separarci dall’Amore di Cristo, se non la nostra libertà; pertanto di fronte ad ogni autentico pentimento, Dio ci giustifica, ci rende sempre e di nuovo giusti.
Purtroppo, in questa nostra straordinaria e tragica epoca di condizionamenti inconsci e di procedure anonime, la responsabilità personale non esiste quasi più. Tutt’al più si può parlare di errore, o di distrazione.
Ma il testo di Apocalisse della Messa di Ognissanti ci dice che i “centoquarantaquattromila vengono dalla grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello”.
In tempi di narrazioni manipolatrici e di linguaggi in libertà come macigni, per poter testimoniare il Vangelo, forse anche noi dobbiamo purificare le nostre parole d’ordine nelle acque della Buona Novella.
Pe. Marco
