“Morto Trump, Josè con sua moglie Isabelita riprese il cammino verso gli Stati Uniti, perché in Messico aveva trovato solo il necessario per sopravvivere. Il suo più grande sogno era far studiare il figlio Juan Jesus, perché potesse diventare un avvocato difensore dei poveri e degli ultimi. Lui desiderava abitare a Los Angeles, la città degli angeli. Lì c’erano già i suoi cugini. Ma, avendo saputo che la California era stata conquistata dai tecnocrati della “high tech” ed era diventata una dittatura camuffata, decise di puntare sulla fredda Chicago, dove aveva già lavorato per qualche mese…”.
Chissà qual era l’intenzione del liturgista, quando scelse il brano del Vangelo (Mt 2,19-23) per questa domenica della Sacra Famiglia? Probabilmente le intenzioni era ben altre, come nel caso dell’elezione di Papa Francesco… ma, ancora una volta, il Signore ha voluto dimostrarci che “i suoi pensieri, non sono i nostri pensieri. Le sue vie, non sono le nostre vie”. Grazie a Dio, aggiungo io…
E così succede, che in questo mondo sempre più dominato e controllato dai Potenti e dai loro capitali, la Parola continua il suo lavoro sotterraneo, catacombale, di contaminazione e conversione delle coscienze, per suscitare quel motto d’indignazione e di rivolta, premessa per la costruzione di un Altro Mondo, un Mondo più attento e sensibile alla logica del Regno di Dio.
Oggi profeticamente il quotidiano “Avvenire” smaschera il tentativo diabolico, di separare e classificare il diritto alla Vita:
Le deportazioni e la Marcia per la vita: ma dove vuole andare l’America di Trump?
Per noi cristiani, discepoli di Gesù di Nazareth, la Vita umana è sempre sacra, perché voluta dall’unico Padre. Non a caso ha inviato il Figlio primogenito, il nostro Fratello maggiore Gesù “Perché in Lui avessimo la Vita e l’avessimo in abbondanza” Gv 10,10.
Ecco allora che, se da un lato non possiamo non essere terrorizzati per l’avvento mondiale di questo stuolo di nuovi dittatori, uno più pazzo dell’altro; dall’altro, forse, dovremmo farci carico come cristiani di una lettura più profonda e spirituale della Storia.
In tal senso, mi ha colpito molto questa settimana l’incontro con il Vescovo maronita Mons. Munir, proveniente dal Libano. A scanso d’equivoci è bene precisare, che lui a cinque anni ha visto uccidere i genitori davanti ai suoi occhi… Ebbene quest’uomo, sul finire della sua testimonianza, diceva a noi preti del decanato di Lecco, che il nemico mortale del Libano è lo Stato teocratico d’Israele, il quale non poteva tollerare un vicino, il Libano appunto, incarnazione storica di una feconda convivenza nella diversità. Il Libano era la testimonianza viva, che un Altro Mondo, variegato e pacifico, era possibile e portatore di benessere.
Ebbene, questo conflitto tra le tenebre dei Potenti, illuminate solo dal dio denaro, e il Regno di Dio, fondato sulla Giustizia e la Fraternità, questo conflitto insanabile si sta approfondendo sempre di più, grazie a Dio. Il che non può che obbligare ciascuno di noi, volenti o nolenti, a prendere posizione, a decidere da che parte vogliamo stare. In questo momento non è fondamentale dettagliare “il che cosa fare”, quanto cogliere l’alternativa spirituale nella quale siamo posti. Il famoso Fuoco e la famosa Spada, portati dal Figlio dell’Uomo sulla Terra, sono di nuovo liberati dalla coltre d’ipocrisia e buoni propositi, con i quali li abbiamo rivestiti da secoli.
Come in altri tornanti dolorosi della Storia umana, anche oggi i discepoli di Gesù, con gli uomini e le donne di buona volontà, sono chiamati a costruire “Comunità confessanti” direbbe Bonhoeffer, veri e propri Santuari di resistenza, dove vivere la Fraternità e resistere alla morte dell’Umanità.
Che il Signore Risorto ci sostenga e ci dia la grazia di essergli fedeli in questa lotta epocale!
Pe. Marco