In classe, le migrazioni possono essere usate come spunto per superare una visione troppo locale della storia umana: l’esempio delle «lezioni pratiche» di geografia in una scuola di Genova
di Valentina Cannavò, Paola Villani

Nella scuola italiana c’è sempre più bisogno di parlare di come e perché gli esseri umani si muovono nel mondo. Innanzitutto, perché molti dei più giovani protagonisti di tali spostamenti sono oggi seduti sui banchi delle nostre scuole. In secondo luogo, perché il deterioramento delle relazioni internazionali produce nuove, drammatiche ragioni di migrazione. Si tratta ditemi molto delicati per i docenti, poiché richiedono equilibrio: da un lato, bisogna evitare di rinforzare una distinzione fra migranti e non migranti, mostrando invece come i presunti “autoctoni” siano il risultato di migrazioni meno recenti; dall’altro, non si deve negare la realtà dei processi migratori, di cui molti studenti sono protagonisti in prima persona, bensì usarla come spunto per superare una visione troppo locale della storia umana, in favore diuna prospettiva mondialista (sul tema, consigliamo
Eric Vanhaute, Introduzione alla World History , Il Mulino, 2015).
Non è facile, ovviamente, eppure la scuola ha il diritto e il dovere di provarci.Qui raccontiamo un tentativo in tal senso, sperimentato con successo già da alcuni anni nelle classi prime della scuola secondaria di primo grado
DonMilani di Genova
. Merita attenzione non solo perché funziona bene, ma ancheperché non richiede particolari attrezzature ed è facile da esportare altrove.
“Ognuno di voi deve calcolare i chilometri migratori compiuti nella propriafamiglia in tre generazioni: nel calcolo dovete inserire voi stessi e i vostrifratelli e sorelle, i vostri genitori e nonni”. Con questa consegna, ogni anno glistudenti di prima media della Don Milani iniziano una frenetica ricerca. È laprima attività di geografia nella classe che si è appena formata e diventaun’occasione per presentarsi.
La competizione con le altre prime crea un senso di appartenenza al nuovogruppo classe, dove ciascuno cerca di portare il proprio contributo. I siti checonsentono di calcolare le distanze diventano il mezzo con cui contare ichilometri e un foglio di calcolo tiene traccia dei contributi di tutti. A casa
RIVISTA DI CULTURA E DI POLITICA
03/05/24, 08:37 La rivista il Mulino: Dare valore alla migrazione: una proposta didattica
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iniziano le interviste a genitori e nonni, si ricostruiscono storie familiari e sidisegnano rotte migratorie.
Nel frattempo, a scuola si definiscono regole sempre più ferree affinché nellacompetizione tutte le classi rispettino gli stessi criteri. “Gli zii contano? E lacompagna del papà?”. Rispondere a queste domande significa delimitareinsieme il concetto di nucleo familiare, talvolta arrampicandosi sugli specchi.Si giunge alla conclusione che zii e cugini non possono essere inclusi, ma lacompagna del papà sì, purché la si consideri parte della propria famiglia. Allostesso tempo occorre definire il concetto di migrazione, che è altra cosa da unsoggiorno all’estero: il fratello che ha studiato negli Usa per sei mesi non locontiamo, mentre validiamo i chilometri della sorella maggiore che si ètrasferita in Belgio dopo la laurea e che sembra non avere intenzione ditornare.
Quando ciascuno arriva con i propri dati, inizia la compilazione di un foglio dicalcolo e dalle singole celle si intravedono storie. A volte ci accorgiamo che pergli stessi alunni queste storie erano quasi sconosciute: arrivano stupiti daipercorsi compiuti da genitori e nonni, scoprono luoghi di cui ignoravanol’esistenza. Più spesso invece raccontano di luoghi cari, dove tornano appenapossono, luoghi che in qualche modo sono ancora casa e che lasciano tracce nellessico familiare e nei piatti delle feste. Spesso i nonni contribuiscono alconteggio complessivo con più chilometri dei genitori: in tanti casi sonoarrivati dal sud Italia, talvolta con tappe intermedie in altre città del Nord, esono approdati a Genova quando era ancora vertice del triangolo industriale. Iviaggi dei nonni consentono di raccontare di una città in crescita, dove insiemealla popolazione aumentavano gli insediamenti sulle alture, con la nascita diquei quartieri da cui a volte provengono gli stessi alunni.
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I viaggi dei nonni consentono di raccontare di una città – Genova – increscita, dove insieme alla popolazione aumentavano gli insediamentisulle alture, con la nascita di quei quartieri da cui a volte provengono glistessi alunni»
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I genitori recuperano sui nonni quando sono di origine straniera. Le celle aloro dedicate sul foglio di calcolo raccontano la varietà delle migrazioni chescelgono Genova come destinazione: Ecuador e Perù spesso sono tra i luoghi dipartenza che ricorrono maggiormente, da qualche anno incalzati dalBangladesh.
In alcuni casi i primi in classifica nei fogli di calcolo delle singole classi sonoproprio gli alunni: succede quando il viaggio verso l’Italia è anche un viaggioverso la propria famiglia adottiva. Il conteggio dei chilometri migratori dellaclasse diventa l’occasione per gli alunni adottati di raccontare la propria storia.Spesso viene citata solo la città in cui sono nati e i compagni possono notareche è una città diversa da quella dei genitori; in qualche caso i protagonisti diquel viaggio decidono di spiegare l’origine del proprio nome o condividono unricordo legato al loro arrivo in Italia.
Nello spirito del gioco e della competizione scherzosa la provenienza da unaltro Paese lontano assume un significato diverso: in genere, in una classe dipreadolescenti che si sentono rassicurati dall’essere omogenei, tutti voglionosentire di appartenere allo stesso luogo, ed è quindi difficile spiegare loroperché non tutti siano cittadini italiani. Inoltre, fuori dalle mura della classepercepiscono che nel sentire comune l’essere “stranieri” viene a volte associatoallo stigma della povertà e della inadeguatezza sociale. Qui invece porta a unpunteggio più alto nel gioco, obiettivo che appare importantissimo, in quelmomento. Per questo motivo alunni con famiglie benestanti e radicate dagenerazioni nel territorio esibiscono i propri pochi chilometri quasiscusandosi, mentre viene visto con ammirazione il bambino la cui interafamiglia proviene da molto lontano, per esempio da Dacca o da Quito: “ConZoy vinciamo sicuramente…”, “Voi venite tutti da Quito, fantastico!”.
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Fuori dalle mura della classe percepiscono che nel sentire comunel’essere “stranieri” viene a volte associato allo stigma della povertà edella inadeguatezza sociale»
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Mentre sul foglio di calcolo si riempiono le celle, sul planisfero compaionotanti puntini e comincia a formarsi una rete di itinerari che hanno Genovacome nodo centrale. Alunni che fino a pochi mesi prima studiavano le regioniitaliane, si trovano catapultati a maneggiare il mondo intero. La fisionomia deicontinenti per molti è ancora un traguardo lontano, ma tutti cominciano adavere alcuni punti di riferimento: il luogo dove è nata la compagna di banco, lacittà da cui viene tutta la famiglia del primo classificato, lo Stato in cui siconcentra il maggior numero di puntini.
Nella maggior parte dei casi abbiamo di fronte storie di migrazioni che si sonoconcluse da tempo e in cui tutti si sentono, più o meno felicemente, a casa.Negli ultimi tempi però alcuni dati si portano dietro delle ombre inquietanti:l’atmosfera giocosa cede il passo a nostalgie e sofferenze di chi è statostrappato dalle proprie case dallo scoppio di una guerra. In questi casi ilnumero di chilometri segna non tanto la distanza dal luogo di partenza quantole peripezie attraversate prima di trovare un approdo sicuro e stabile. Negliultimi anni nelle nostre classi sono arrivati alunni e alunne appena fuggitidall’Afghanistan prima e dall’Ucraina poi, accolti in classi che avevano benpresente da cosa questi coetanei fortemente spaesati stessero fuggendo,coetanei che sono testimoni diretti di quanto tutti abbiamo visto nei notiziari.I loro chilometri sono un’integrazione dolorosa al gioco iniziale.
L’attività, che ha inizio nei primi giorni di scuola, si sviluppa in modo daconcludersi intorno al 3 ottobre, in cui si celebra la Giornata della Memoria edell’Accoglienza, istituita dopo il tragico naufragio del 2013 al largo diLampedusa. Una gara tra le classi diventa occasione di riflessione sull’attualità,un modo per comprendere quanto le emergenze del momento si inseriscono inun disegno complessivo di movimenti tra e dentro i continenti.
Seppur situata in un preciso e limitato momento del percorso di Geografia, lagara è all’interno di un curricolo di Storia e Geografia che dà ampio respiro allamondialità, con un approccio che pone attenzione alle interdipendenze deglieventi, allontanando l’idea di una storia locale che non tenga conto della storiadi tutto il mondo. Questo è quindi un modo molto immediato per far realizzareagli alunni come il grande fenomeno delle migrazioni sia strettamenteintrecciato alla loro quotidianità.
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Quando il foglio di calcolo è completo, cioè quando la raccolta di dati arriva al
termine e tutti sono riusciti a ricostruire le proprie rotte, si proclama
vincitrice la classe che ha totalizzato il maggior numero di chilometri. Mentre
le altre classi esprimono stupore e delusione (“Ma come è possibile? Con tutti i
chilometri della famiglia di Marilyn!”), un attestato campeggia sulla parete di
quella classe prima che ha il numero più alto. È un riconoscimento modesto,
un semplice foglio di carta, lontano dalle aspettative di molti che si
attendevano chissà quale premio; però racconta di una ricerca comune in cui
le dimensioni dello spazio e del tempo si intrecciano e restituiscono un tessuto
fitto, che attraversa generazioni e continenti, che racconta di nonni che
risalgono gli Appennini o di genitori che arrivano dalle Ande.