Dopo questo tempo prolungato di silenzio, mi sembra giusto offrire qualche riflessione su questa guerra, che bussa alle porte delle nostre case. Premetto che quanto dirò ha un carattere strettamente personale, pertanto passibile di essere contraddetto a qualsiasi livello. D’altro canto, in una situazione paradossale e tragica come è la guerra, i bei ragionamenti difficilmente riescono a reggere il confronto con la realtà. Anch’io, più che delle riflessioni compiute e coerenti, posso offrirvi degli spunti e delle intuizioni.

La prima la prenderei dalla sorpresa, con la quale ho sentito che l’ANPI e molte altre associazioni della società civile hanno organizzato la marcia perla Pace a Roma; e fin qui nulla di male, anzi! La mia meraviglia è sorta, quando il giornalista spiegava che, tra gli scopi dell’evento, vi era la richiesta al governo italiano di non inviare armi all’esercito ucraino, per non fomentare ulteriormente la guerra. Il primo pensiero che ho avuto, è stato che probabilmente tra i rappresentanti dell’ANPI nessuno ha fatto realmente partigiano. Altrimenti vorrei chiedere loro con che cosa hanno combattuto il nazifascismo…

Fermo restando la mia totale contrarietà alle armi e, soprattutto, allo scandaloso giro d’affari che delle stesse si alimenta, ebbene fermo restando tutto ciò, io non me la sento di fare il pacifista sulla pelle degli altri. Certamente sarebbe cosa buona e giusta, oggi e tutti i sabati a venire, manifestare per chiedere una moratoria su tutte le armi, convenzionali e nucleari che siano. Così come mi inchinerei davanti a questi manifestanti, se volessero andare in Ucraina per collocare i loro corpi come forza d’interposizione tra i due eserciti in guerra. Ma negare di fatto al popolo ucraino il diritto di difendere la propria Libertà, beh questo non penso sia giusto.

Purtroppo questa questione è molto spinosa ed attraversa la storia del cristianesimo fin dai suoi inizi. Certamente Gesù ha scelto di non difendersi con la forza, di fronte alla violenza che si riversava su di Lui. D’altro canto non ha mai condannato nessuno dei soldati, che ha incontrato. Tant’è che la Chiesa, dopo un primo rifiuto del servizio militare, ha perlomeno riconosciuto il diritto di difendersi contro un aggressore ingiusto. Purtroppo non sempre ricordiamo che la lotta di Liberazione dei Maccabei è stata una vera e propria lotta armata. Altra cosa sono l’esercito pontificio, o le crociate fatte in nome del Vangelo.

Senza alcun’ombra di dubbio la meta a cui tendere è la sospensione degli scontri armati e l’avvio di incontri per costruire la Pace. Ma fin tanto che non c’è consenso da entrambe le parti per fare ciò, la morale cristiana lascia alla libertà di coscienza il diritto/dovere di scegliere le modalità con le quali affrontare l’aggressore. Negare adesso agli ucraini la possibilità di difendersi anche con le armi, così come è successo con i Curdi poco tempo fa, significa di fatto negare alle vittime, agli oppressi, il diritto di difendere la propria Libertà e di affermare la propria dignità umana. Chiaramente tutto ciò non equivale a condannare il popolo russo in quanto tale, o legittimare qualsiasi tipo di vendetta da parte del popolo ucraino nell’esercizio della sua resistenza.

Tutto ciò è profondamente triste, se non tragico. Ma la guerra la si può realmente sconfiggere solo quando le armi tacciono. Come il Papa continua a richiamare, finché avremo questo diabolico giro d’affari che ruota attorno all’industria bellica, le guerre saranno inevitabili.

Ma non solo. Questa guerra, come ogni altro tipo di violenza, a ben vedere non è altro che il punto di conflagrazione di innumerevoli atti di menzogna, di abusi di potere, di prevaricazione, di ambizioni personali, sui quali si è soprasseduto e dei quali non si è voluto chiedere conto fino in fondo a chi li compiva. Ovvero, rassegnarsi all’arroganza ed alla violenza dei potenti non evita lo scoppio dei conflitti; li fa invece crescere a dismisura, fino alle loro conseguenze più tragiche; perché la Libertà umana non ha prezzo e solo nella Libertà un essere umano può vivere in pienezza. In questo senso, una certa retorica cristiana comodamente buonista, presente nel nostro vivere quotidiano, in realtà nasconde la nostra paura del martirio nell’affrontare il potente e l’ingiusto. In questo senso, in qualche modo, le guerre guerreggiate ci riguardano; perché la nostra codardia di fronte all’ingiustizia ed ai soprusi non fa altro che portare legna alla fornace della guerra.

Un’altra questione drammatica, che sta emergendo da questa guerra, è la tragedia dei profughi. Non vi è dubbio che, nella migliore delle ipotesi, stiamo andando incontro all’ennesima tragedia umanitaria. Ma appunto dell’ennesima si tratta, non dell’unica, o della più importante. Eppure, in modo neanche tanto sottile, si sta delineando un’alleanza trasversale nell’affrontare questa emergenza, perché considerata ideologicamente come vera emergenza umanitaria. Mentre altre non lo sarebbero. Le altre, come abbiamo sentito dire da qualche volontario polacco, sono “invasioni camuffate di nigeriani, che vogliono assaltare le nostre case”.

Anche in questo caso, se la tanto sbandierata unità europea di questi giorni fosse reale, dovrebbe tradursi nella revisione del Trattato di Dublino e nell’elaborazione di nuovi regolamenti, vincolanti per tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, indipendentemente dall’origine etnica delle crisi umanitarie.

Infine, e questa per me rimane la questione di fondo che non viene neanche trattata, in questi giorni drammatici, mentre cerchiamo di boicottare i deliranti progetti di Putin, dobbiamo constatare l’immoralità del nostro sistema economico finanziario.

Infatti, quella che ci viene presentata dai nostri mass-media come la prometeica azione dei nostri politici, per isolare economicamente Putin, in realtà non è altro che “un divorzio fatto in fretta e furia”, di chi fino a quindici giorni fa si alimentava dell’unico scandaloso sistema, quello della finanza mondiale appunto. Questo sistema, che non ha legge, né morale, ma solo l’unico obiettivo di aumentare i dividendi dei suoi manager, questo sistema riunisce indistintamente gli oligarchi dei vari sistemi dittatoriali ed i manager delle nostre meravigliose multinazionali.

Questo connubio, che ha attraversato tutto il xx° secolo, anche grazie alla pandemia sembra giunto ad un momento di svolta. Infatti, la pandemia sta insinuando il dubbio che le forme di governo autoritarie, come quella cinese, sembrerebbero più efficienti nell’affrontare e risolvere i problemi di una società di massa. Il che ovviamente metterebbe in discussione la presunta superiorità del sistema democratico. Da qui la necessità improrogabile per le democrazie occidentali, di decidere “cosa vogliono fare da grandi”. Infatti, o radicalizzano i loro principi e valori, affermando il primato della politica sul capitale in favore di una reale e diffusa giustizia sociale; oppure sono destinate ad essere assorbite dalle democrazie illiberali, o dai sistemi non democratici, perché questi sono tutti più funzionali rispetto alle ambizioni del grande capitale.

L’ultima notizia letta poche ore fa, per la quale il presidente Macron, in camera caritatis, avrebbe “suggerito” alle multinazionali francesi di non ritirarsi troppo velocemente dalla Russia, ci dice quanto a questo livello si giochi il futuro delle democrazie occidentali.

                                                                                               Pe. Marco