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“180. Riconoscere ogni essere umano come un fratello o una sorella e ricercare un’amicizia sociale che includa tutti non sono mere utopie. Esigono la decisione e la capacità di trovare i percorsi efficaci che ne assicurino la reale possibilità. Qualunque impegno in tale direzione diventa un esercizio alto della carità. Perché un individuo può aiutare una persona bisognosa, ma quando si unisce ad altri per dare vita a processi sociali di fraternità e di giustizia per tutti, entra nel «campo della più vasta carità, della carità politica». Si tratta di progredire verso un ordine sociale e politico la cui anima sia la carità sociale. Ancora una volta invito a rivalutare la politica, che «è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune»”.

Per la riflessione di questa settimana intenzionalmente ho voluto partire da questo paragrafo di “Fratelli tutti”, l’ultima Enciclica di Papa Francesco, che, dopo essersi dilungato sulle radici umane e cristiane della fraternità universale, dedica diversi paragrafi al tema dell’amicizia sociale. Il cuore di questa riflessione è certamente questo par. 180, che riprende la famosa definizione di Paolo VI°, secondo la quale la Politica è la forma più esigente di vivere la Carità.
Ovviamente nel breve spazio di questa riflessione non posso rendere ragione della ricchezza di tutto il cap. V° dell’ Enciclica, dedicato giustamente alla Politica come esercizio nobilissimo della Carità. A qualcuno, forse, questo linguaggio appassionato potrà sembrare sproporzionato, se riferito a questa realtà, che normalmente scartiamo come sporca e fonte delle peggiori corruzioni. Di fatto c’è più di un motivo per ritenerla tale; ma queste forme degenerate andrebbero definitivamente indicate con i loro termini propri, che sono “politicaglia, politichese, politicante, demagogia ecc…”. Non a caso, Papa Francesco, per aiutarci a recuperare il senso autentico della Politica, smaschera impietosamente queste forme perverse. Tra di esse in particolare cerca di mettere in risalto le due grandi degenerazioni attuali della Politica: il populismo e l’asservimento ai poteri finanziari.
A tale riguardo permettetemi ancora di riportare le parole del Papa, riportate al par. 179:
“La società mondiale ha gravi carenze strutturali che non si risolvono con rattoppi o soluzioni veloci meramente occasionali. Ci sono cose che devono essere cambiate con reimpostazioni di fondo e trasformazioni importanti. Solo una sana politica potrebbe averne la guida, coinvolgendo i più diversi settori e i più vari saperi. In tal modo, un’economia integrata in un progetto politico, sociale, culturale e popolare che tenda al bene comune può «aprire la strada a opportunità differenti, che non implicano di fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso, ma piuttosto di incanalare tale energia in modo nuovo»”.
Come dicevo all’inizio, questi riferimenti non sono casuali in questa domenica, che per noi ambrosiani è dedicata contemporaneamente a Cristo Re ed alla Caritas. Infatti, questi brevissimi accenni vorrebbero ricondurre la Solennità liturgica nel suo alveo corretto, che è quello di una Fede cattolica, che riconosce come unico Signore Gesù di Nazareth ed il suo Vangelo. Lui è il criterio, ultimo e fondamentale, di ogni nostro giudizio e di ogni nostra scelta. Ciò vale innanzitutto per i nostri orientamenti personali; ma soprattutto per i criteri sociali e politici, con i quali giudichiamo la società nel suo insieme.
Consegnarsi alla regalità di Gesù di Nazareth significa, allora, non limitarsi alla facile carità dell’elemosina assistenziale. Riprendendo un passaggio di “Deus Caritas est” di Benedetto XVI°, il par. 180, sopra citato, ci ricorda che l’autentica Carità si interessa delle cause dell’ingiustizia e delle conseguenti povertà, per mettersi in gioco nel tentativo di rimuoverle.
Ma a questo livello s’incontrano le più grandi resistenze, che hanno portato in Croce anche Gesù. I più tra di noi, che, pur non riconoscendolo, continuano a sognare un Vangelo senza Croce, se ne stanno lontani, squalificando genericamente la Politica come “sporca e corrotta”, fingendo di non sapere che, in questo modo, la stessa diventa sempre più terreno di pascolo della peggiore umanità. Infatti, non vi è chi non veda che, se coloro che hanno ancora un minimo di dignità e coerenza abbandonano la Politica, questa non può che essere data in pasto ai lazzaroni ed agli avventurieri, solo in cerca di guadagni e di successo.
Se è vero, come diciamo nella Liturgia, che vogliamo che Cristo regni, allora necessariamente dobbiamo metterci in gioco, ciascuno da parte sua, per far emergere e sostenere coloro che possano organizzare la nostra convivenza sociale secondo i criteri del Regno di Dio.
Diversamente le nostre belle, quanto incomprensibili orazioni liturgiche, sono solo delle solenni bugie; perché chiedono alla Trinità di fare ciò che noi ci rifiutiamo di fare.
Esattamente come i migliori populisti…

Pe. Marco