Più io vivo il vangelo e più sarò felice qui ed ora. Questa è la gioia evangelica, che noi vediamo nei Santi e che magari anche noi abbiamo esperimentato qualche volta

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Tutta la liturgia di questa quinta domenica di Quaresima è costruita attorno al segno di Lazzaro (Gv 11,1-53), per proclamare che Gesù è la Vita. Ma di quale vita stiamo parlando? Che cosa vuole sottolineare la Parola di Dio, quando usa questa terminologia? La recente esperienza del COVID è stata un’occasione, in gran parte persa, per mettere a fuoco come cristiani questo tema della vita.

Avendo a che fare con una scelta coerente dei testi biblici, vorrei partire intenzionalmente dalla finale della prima lettura Dt 6,24-25 “Allora il Signore ci ordinò di mettere in pratica tutte queste leggi, temendo il Signore, nostro Dio, così da essere sempre felici ed essere conservati in vita, come appunto siamo oggi. La giustizia consisterà per noi nel mettere in pratica tutti questi comandi, davanti al Signore, nostro Dio, come ci ha ordinato”.

Il Signore ordina a Israele di osservare la sua Legge/Parola, non per mettere alla prova i buoni e i cattivi e premiare i primi. In realtà chiede questa osservanza esattamente perché in essa è iscritto il Bene e la Giustizia, che soli possono rendere felice Israele. Sì perché, come dice Mosè nei versetti precedenti, JHWH ha liberato Israele dalla schiavitù, da un’ingiusta oppressione. Ora Israele nella nuova condizione di popolo libero non deve ricreare le solite strutture mondane oppressive, che dividono gli esseri umani in classi, con diritti e doveri ingiusti.

Quindi, la Parola di Dio non è data a Israele per poter conseguire un premio. No, la Parola di Dio è innanzitutto dono e luce per districarci nel difficile cammino della Vita. Dunque il premio è intrinseco alla Parola, o se volete la Parola è il premio, nel senso che contiene il segreto di una vita piena e felice. Infatti, chi meglio del Signore della Vita può dirci come vivere? Può rivelarci l’arte di vivere al meglio su questa Terra?

Ovviamente affermare ciò non significa assolutamente non credere che la Vita continui oltre la morte. Tutt’altro, questa certezza rafforza e da senso alla vita secondo il Vangelo; perché, per bene che possiamo vivere su questa Terra, sappiamo che non basterebbe per vedere il Bene, la Giustizia, la Verità ecc… realizzati pienamente.

D’altro canto, non posso non richiamare l’attenzione su quanto poco la maggioranza dei cristiani creda in questa vita terrena. E ciò lo si vede da quanto poco ci mettiamo in gioco per i valori suddetti. Purtroppo, proprio noi che ci autodefiniamo credenti nel Dio della Vita, molto spesso lo sconfessiamo non prendendo sul serio questa Vita. Ovviamente non lo diciamo apertamente; ma non senza ipocrisia evitiamo di metterci in gioco nelle battaglie più drammatiche, nascondendoci dietro il pretesto, che “qui” sulla Terra non c’è Giustizia, amore per la Verità, Bene gratuito, Misericordia ecc…

In pratica l’al di là è un facile pretesto per lasciare andare alla deriva questa vita.

Dentro queste coordinate dobbiamo leggere anche la risposta limpidissima, che Gesù dà a Marta: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?”. Sinteticamente potremmo dire, che il vero problema non è la morte fisica, il prima e il dopo quella soglia. La vera questione/sfida è riconoscere, dunque credere, dunque agire consapevolmente, riconoscendo nella prassi di Gesù di Nazareth l’agire secondo la volontà del Padre, secondo il suo progetto giusto e fraterno sul mondo. Quindi la prassi di Gesù anticipa su questa Terra ciò che esperimenteremo eternamente dopo la morte fisica.

E qui, miei cari, c’è in gioco ben più che qualche opera buona in vista dei premi divini!

Tanto per cominciare, chi ha intuito questa Verità, cerca egoisticamente di vivere secondo il Vangelo per puro egoismo. Infatti, più lo vivo e più sarò felice qui ed ora. Questa è la gioia evangelica, che noi vediamo nei Santi e che magari anche noi abbiamo esperimentato qualche volta. E’ quella pienezza di vita, che esperimenti nel fare il Bene perché Bene, o nel praticare la Giustizia seppur pagandone un prezzo.

Eppure, io vedo molto smarrimento nei credenti, se non addirittura la convinzione secondo la quale il Vangelo non è per questo mondo, non vale la pena viverlo in questa vita. E allora si tira a campare, facendo qualche penitenza quaresimale, nell’auspicio che Gesù ci perdoni e ci faccia entrare lo stesso in Paradiso.

Un vero peccato, perché Lui ha persino dato la vita, per attestarci la bontà nel Vangelo sta il segreto di una vita felice.

                                                                                   Pe. Marco