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Io sono sempre piuttosto restio nel fare delle classifiche riguardanti le epoche migliori o peggiori della storia. Ogni epoca, come anche ogni cultura, ha le sue ricchezze, le sue risorse, come anche i suoi limiti ed i suoi difetti. Certamente la mia esperienza missionaria ha contribuito molto nel far maturare in me questo “relativismo culturale”.

Detto ciò, penso di non dire niente di nuovo, o di eccezionale, nell’affermare che questa nostra epoca è una di quelle, in cui è maggiore la confusione tra il buon grano e la zizzania, in cui è più difficile distinguere tra i due; con il rischio, non molto remoto, di alimentare inconsapevolmente la zizzania, mentre si pensava di coltivare il grano buono.
Nonostante ciò, mi pare che i due messaggi fondamentali del Vangelo di oggi continuino ad essere particolarmente validi.

Innanzitutto la questione posta dalla parabola. La preoccupazione fondamentale del discepolo, che è anche quella del Maestro, deve essere quella di coltivare e far crescere il bene e non quella di combattere il male. Infatti, tutta la preoccupazione di Gesù era rivolta a far crescere il Regno di Dio, renderlo visibile e tangibile attraverso la Sua vita. Ciò non significa che Gesù non abbia avuto a che fare con il male e non l’abbia combattuto tutte le volte che l’ha incontrato, anzi! Noi tutti sappiamo bene in che modo è stato ucciso Gesù. Un generico predicatore di valori eterni non sarebbe certamente stato ucciso così. La Sua morte, ma ancor prima la Sua vita, sono state il terreno fecondo della lotta tra il Bene ed il Male, tra la Giustizia e l’Ingiustizia.
Ma, osservando le sue parole ed i suoi gesti, appare chiaro che la sua preoccupazione primaria non era scovare il male, dentro e fuori il cuore dell’uomo, per poterlo combattere e sradicare. Tutta la Sua preoccupazione è invece rivolta a farci ricordare qual era il progetto originario del Padre su noi e sul mondo, di modo che i discepoli, vivendo quella prospettiva, quel progetto originario, lo rendessero visibile ed appetibile per l’intera umanità.

Va da sé che questo Regno, nel suo farsi e nel suo divenire, smascheri il male, dentro e fuori ciascuno di noi, ed entri in conflitto con esso.

Siccome questa dinamica accompagnerà tutta la nostra vita terrena, tutti noi possiamo cadere in due grosse tentazioni: una è quella del relativismo (non serve preoccuparsi con il bene ed il male, tanto non ne veniamo a capo), l’altra è quella di sostituirci al Padrone della messe, nel tentativo di veder trionfare il bene sul male.

Per rispondere a queste due tentazioni, ecco l’interpretazione di questa parabola, che pone invece l’accento sulla signoria di JHWH, che si manifesterà definitivamente separando il grano dalla zizzania “il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!”.

In questa nostra epoca del trionfo degli istinti primordiali e di altrettanto ancestrali bisogni di misericordie a buon prezzo, è importante sottolineare questo aspetto fondamentale.

Dio-Trinità, rivelatoci da Gesù, non l’idolo che noi abbiamo in testa, è infinitamente misericordioso ed infinitamente giusto. La sua Misericordia, incomprensibile per noi, è intrinsecamente legata alla sua Giustizia, altrettanto infinita, che Gli impedisce, anche in un solo istante, di confondere il Bene con il Male.

Personalmente ritengo che questi tratti di JHWH, che Gesù ci ha rivelato, sono ciò che può garantire e sostenere la nostra disponibilità nel cercare di fare il bene, sempre e comunque, qualunque sia la situazione in cui ci troviamo; perché JHWH, e solo Lui, è il garante ed il depositario della nostra dedizione e della nostra fedeltà.

Pe. Marco