Siccome sono molto preso con la Festa Patronale dell’Immacolata e con le varie incombenze di fine anno, non so se riuscirò a scrivere qualcosa di più ordinato e completo. Per questo motivo approfitto dell’invio di questa intervista, ad uno dei più stimati giuristi brasiliani, per darvi qualche delucidazione, riguardante il processo di impeachment, che è stato formalmente aperto contro la Presidente Dilma Roussef. In realtà questo tema era da qualche mese nell’aria. E’ apparso inizialmente in primavera, quando sono state rese pubbliche le cosiddette “pedalate fiscali”; ovvero quando sono state rese note alcune manovre, con le quali, la Presidente con il suo staff economico, avevano occultato, in piena campagna elettorale, le reali condizioni economico-finanziarie del Paese; ovviamente per non pregiudicare la sua rielezione. L’opposizione, che aveva perso per pochissimo, ha cominciato a gridare alla frode elettorale e da li si è cominciato a chiedere l’apertura del processo di impeachment.
Questo filone in realtà è andato a rafforzare l’altro, già in corso dal 2013, della cosiddetta “Operazione Lava-jato (Autolavaggio)”, iniziata dalla scoperta di uno scambio di mazzette, realizzato in un autolavaggio. Di fatto, questa, che è la più grande operazione anti corruzione, realizzata in Brasile, ed attualmente in pieno andamento, ha rivelato un giro miliardario di mazzette e contratti super fatturati, aventi come perno il colosso parastatale Petrobras. Di fatto si è scoperto che questa impresa serviva ai governi di turno, per creare fondi neri, coi quali i vari presidenti compravano l’appoggio parlamentare al loro governo. A quanto pare l’idea non è nata con il governo di “san” Lula; anche se, prima lui, poi Dilma, ne hanno fatto un uso abbondante. In questo senso, certamente, le investigazioni sono molto parziali ed hanno il carattere di una “vendetta catartica”, contro i governi, che, in questi tredici anni, dicevano di voler riscattare le masse povere brasiliane. Certamente la borghesia e l’elite brasiliana hanno mal sopportato in questi anni la retorica di un governo teoricamente popolare.
Ma qui emerge anche tutta la paradossalità e l’assurdo della situazione; ovvero, se da un lato, ed io sono da questo lato, è auspicabile che si faccia giustizia di un governo, che per decenni ha usato tutta la simbolica di sinistra, pur essendo totalmente assimilato alla destra. Dall’altro però, dicevo, è assurdo che chi (la borghesia e l’elite brasiliane) ha inventato questo tipo di stato “patrimonialista”, si eriga a Catone della situazione, gridando allo scandalo e al malaffare. Da sempre, dai tempi della Colonia, il Brasile è stato un’inesauribile miniera, dalla quale i governanti di turno, siano essi i comandanti delle Capitanerie, o le oligarchie agricole, piuttosto che i “marajà”, che controllano i voti nei vari Stati, sempre, dicevo, queste varie figure hanno usato del potere politico per impadronirsi delle immense ricchezze del Paese. Attualmente, siccome il sistema vigente è questa parvenza di democrazia, questo processo di sfruttamento avviene attraverso i partiti e le procedure della formalità democratica. In sintesi Lula e Dilma, pur essendo di sinistra, hanno governato come da sempre si è governato in Brasile.
Continuando in questo “teatro dell’assurdo”, sta avvenendo che, il principale mentore dell’ impeachment sia il Presidente della Camera, Eduardo Cunha, che potrebbe essere chiamato il Dell’Utri di turno. Questo “bellissimo” personaggio, pur appartenendo al PMDB (Forza Italia versione Brasile), che appoggia la Presidente, si è fatto eleggere per combattere la Presidente Dilma, sua acerrima nemica. Però, quando sono apparsi i suoi conti in Svizzera, legati all’”Operazione autolavaggio”, ha stabilito un patto, non troppo segreto, con il partito di Dilma, il PT: se voi non votate per la mia cassazione, io non mando avanti il processo di impeachment. E così, per un paio di mesi siamo andati avanti su “leitmotiv”. Quando ormai il Presidente della Camera era indifendibile, a sua volta ha dato via libera al processo di impeachment, che era a “bagnomaria” tra gli Ordini del giorno della Camera.
Mi fermo qui, perché sono già andato oltre i tempi e gli spazi , che mi ero proposto.
Senza la presunzione di essere riconosciuto come un profeta, se qualcuno ha conservato i miei primi scritti dal Brasile, potrà riconoscere l’avverarsi ciò che avevo denunciato, quando il mondo intero inneggiava a “questa sinistra brasiliana, capace di unire neoliberismo e emancipazione sociale”; ovvero la solita illusione socialdemocratica di poter unire “il diavolo e l’acqua santa”. Per l’ennesima volta “il diavolo si è bevuto tutta l’acqua santa” e a noi, visionari incalliti, non resta che ritornare a cantare con il buon Guccini “Shomèr ma mi-llailah? Shomèr ma mi-lell?”
Don Marco