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Le letture di questa domenica, soprattutto il Vangelo che ne è il centro, ci obbligano a ripetere temi legati alla domenica delle Palme. Nonostante questa inutile ripetizione, è chiaro che la scelta di Gesù di entrare in Gerusalemme ha una chiara connotazione messianica. In altre parole, assumendo chiaramente la postura del Re-Messia che visita Gerusalemme, vuole dirci che Lui è quella figura tanto attesa e sperata. Il v 28 “Il Signore Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme” ci dice che questo gesto va’ collocato in continuità con la decisione drammatica presa da Gesù in 9,51 “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme”. Pur prevedendone gli esiti drammatici, Egli non si sottrae al compito di portare l’annuncio del Regno là nel cuore dell’ebraismo: nel Tempio in Gerusalemme. Esattamente perché a tutti deve essere offerta la Salvezza, anche a coloro che lo osteggiano e lo rifiutano.

Anche per questo motivo questa entrata non ha niente di trionfale e celebrativo, come spesso è stata presentata in passato. Piuttosto vuole essere un ultimo segno lasciato ai suoi discepoli, per aiutarli a sostenere la grande prova per la fede, che saranno i giorni della Passione. Purtroppo sappiamo che questo gesto, assieme al resto della sua vita, non bastò per reggere quell’urto spaventoso, che fu la crocifissione.

Ecco che, forse, il ricordarci del contesto drammatico in cui s’inserì l’entrata di Gesù in Gerusalemme, può aiutarci a meglio valorizzare questa collocazione durante l’Avvento. Infatti, se da un lato il brano di oggi c’invita a rinnovare e rafforzare la nostra fede in questo Re-Messia dai tratti decisamente imprevisti, dall’altro ci riconduce alla realtà drammatica di tale professione. In altre parole l’Incarnazione del Verbo non è assolutamente un fatto scontato e lineare.

Questo Messia, mentre ci rivela la possibilità di essere uomini e donne nuovi, totalmente conformi al progetto originario del Padre, al tempo stesso smaschera e smonta tutti i modelli di falsa umanità e di successo illusorio, che continuamente costruiamo con i nostri egoismi ed i nostri sogni di grandezza. E questo processo è sempre sofferto e doloroso, dentro di noi innanzitutto, ma anche fuori di noi nel raggio di relazioni, che noi viviamo. Il Suo Regno di Pace e di Giustizia, purtroppo, soffre violenza e conflitti in questa sua vicenda terrena.

Ma Gesù ci raggiunge e, attraverso la forza memoriale della liturgia eucaristica, entra nella nostra vita. Anche a noi, ancora una volta, chiede di riconoscerlo ed accettarlo come il Messia, l’Unto che JHWH manda per salvare la nostra vita, disorientata e dispersa, ed il nostro mondo schiacciato dal peso dei suoi propri idoli. Ancora una volta, ostinatamente ed appassionatamente, vuole attrarci con la forza della Sua dedizione per noi, incondizionata e discreta.

Eppure, oggi come allora, possiamo ancora una volta “stendere i nostri mantelli” al Signore che viene; ovvero offrirgli le nostre ricchezze, ciò che possediamo, tutta la nostra vita. Al contempo dobbiamo “proclamare i prodigi da Lui compiuti”, per sostenerci reciprocamente nella sequela di Lui. Al resto penserà Lui con il Suo Mistero di morte e resurrezione, perennemente operante in mezzo a noi.

 

Pe. Marcos