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Camminando con Don Marco

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Chiamatemi Francesco

Posted on 13 Dicembre 201524 Settembre 2024 By Robireggio Nessun commento su Chiamatemi Francesco

chiamamifrancesco

 recensione Avvenire
Analisi film rivista EDAV
Genere:Drammatico
Regia: Daniele Luchetti
Interpreti: Rodrigo De La Serna (Jorge Bergoglio 1961-2005), Sergio Hernandez (Jorge Bergoglio 2005-2013), Muriel Santa Ana (Alicia Oliveira), José Angel Egido (Velez), Alex Brendmuhl (Franz Jalics), Mercedes Moran (Esther Ballestrin), Pompeyo Audivert (Angelelli), Paula Baldini (Gabriela).
Nazionalità: Italia
Distribuzione: Medusa
Anno di uscita: 2015

 

 

 

Origine: Italia (2015)

Soggetto: Daniele Luchetti, Martin Salinas, Pietro Valsecchi

Sceneggiatura: Daniele Luchetti, Martin Salinas

Fotografia (Scope/a colori): Claudio Collepiccolo, Ivan Casalgrandi

Musiche: Artuto Cardelus

Montagg.: Mirco Garrone, Francesco Garrone

Durata: 98′

Produzione: Pietro Valsecchi per TaoDue Film .

Giudizio: Consigliabile/realistico
Tematiche: Evangelizzazione-missione; Politica-Società; Potere; Storia;  
Soggetto: Ecco il Card. Bergoglio a Roma, in attesa dell’inizio di lavori del Conclave. Dopo una sua prima riflessione, si snoda il flashback che riporta alla Buenos Aires degli anni Sessanta. L¿Argentina si prepara a vivere i i terribili anni della dittatura militare di Videla e dei generali. Comincia la ricostruzione di quell¿infausto periodo, e tutta l¿azione si muove intorno a quei tragici avvenimenti. Che Bergoglio vive da Padre Provinciale dei Gesuiti per l¿Argentina e cerca di modificare negli esiti, facendo opposizione, proteggendo prigionieri, aiutando a nascondere oppositori politici. Con esplicita lettera di Giovanni Paolo II, Bergoglio diventa cardinale della capitale, e dopo le dimissioni di Papa Ratzinger, si prepara al conclave dl 2013 che lo elegge Pontefice…

 

Si torna con la memoria al 1981, quando usci nelle sale “Da un paese lontano”, il film che il polacco Krzysztof Zanussi aveva realizzato in tempi decisamente rapidi sul connazionale Karol Wojtyla, il quale, nato nel 1920, era diventato Pontefice di Roma il 16 ottobre 1978. Da allora la storia ha fatto tante capriole, fino ad arrivare alla scelta di un Pontefice proveniente ancora da più lontano, dall’altra parte dell’Oceano, e del mondo, e far arrivare in Vaticano il card. Jorge Bergoglio con il nome di Papa Francesco. E’ già entrato nel cuore e nella mente di tutti questo modo rapido di chiamarlo, di salutarlo e di parlarci, diretta conseguenza, forse, di quel ‘buona sera’, così semplice e familiare che il Pontefice volle rivolgere ai fedeli in Piazza S. Pietro la sera della sua elezione. Era il marzo del 2013 e quel tono intimista e spoglio sarebbe diventato un modo di fare e atteggiarsi non più eliminabile. Sono passati appena due anni ed ecco nei cinema “Chiamatemi Francesco”, un film su Papa Bergoglio. Nella non facile impresa di realizzare un film su una figura già tanto carismatica si è cimentato Daniele Luchetti, regista italiano dal curriculum importante (Il portaborse, 1991; La scuola, 1995; Mio fratello è figlio unico, 2007; La nostra vita, 2010) fortemente segnato da storie tra cronaca sociale, denuncia, sentimenti esasperati.Il film ripercorre 50 anni di storia con pulizia e precisione : dalle vittime dei militari alla generosa dedizione di Bergoglio per indifesi e ultimi, il quadro è sincero, giusto, coerente. Allo stesso tempo segnato da un tono didattico che forse utile per coinvolgere di più il pubblico ma al contempo rinuncia ad ogni sguardo profondo, inquieto, sofferto. E’ il Francesco della gioia e della chiesa aperta a tutti. E’ il Papa che non teme un film, anche se non del tutto riuscito. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile e nell’insieme realistico.

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Gli ultimi saranno ultimi

Posted on 11 Novembre 201524 Settembre 2024 By Robireggio Nessun commento su Gli ultimi saranno ultimi

gliultimisarannoultimi Gli Ultimi Saranno Ultimi racconta la storia di Luciana Colacci (Paola Cortellesi) una donna semplice che sogna una vita dignitosa insieme a suo marito Stefano (Alessandro Gassmann). L'immagine di Luciana che apre il film si ricollega al finale, in un movimento circolare, per mettere in primo piano un argomento centrale: la maternità di Luciana,  la sua ridotta capacità lavorativa che potrebbe determinare il suo licenziamento. La rabbia cresce, la sensazione di essere vittima di un sopruso si fa strada, mentre il marito è senza lavoro e la crisi rende ogni giornata una scommessa insostenibile. Quale confine, limite può raggiungere la rabbia di una persona stretta in questi angusti spazi, con poca prospettiva di futuro? L'irruzione del dramma nelle pieghe della commedia dimostra la volontà  di restare nell'ambito della realtà, di non creare comicità fine a se stessa ma dinamiche di caratteri con riscontri nella cronaca italiana. Così Luciana rappresenta tutte le donne vivaci e positive, messe a terra dalla terribile banalità del male sociale, dalle differenze, dalle illusioni non richieste. Il film certifica una ribellione a dire il vero non sempre azzeccata, magari un po' forzata e tuttavia amaramente necessaria in un Paese che si sta troppo rapidamente rassegnando al pensiero unico.

 
Tematiche: Amicizia; Famiglia; Famiglia – genitori figli; Lavoro; Matrimonio – coppia; Politica-Società;  
 
Genere:Commedia
Regia: Massimiliano Bruno
Interpreti: Paola Cortellesi (Luciana), Alessandro Gassmann (Stefano), Fabrizio Bentivoglio (Antonio), Stefano Fresi (Bruno), Ilaria Spada (Simona), Augusto Fornari (Ruggero), Irma Carolina Di Monte (Manuela), Maria Di Biase (Loredana), Giorgio Caputo (Enzo), Silvia Salvatori (Rossana), Marco Giuliani (Adriano), Emanuela Fanelli (Nadia), Diego Ribon (Finardi), Francesco Acquaroli (Saltutti), Duccio Camerini (Pino, padrone di casa), Alessandra Costanzo (sig.na Graziosi), Lara Balbo (Matilde), Paolo Graziosi (professore), Ariella Reggio (madre di Antonio), Marco Falaguasta (amministratore delegato), Roberto De Francesco (proprietario di Villa Chic), Alessandro Cecchini (cameriere al ristorante cacio e pesce).
Nazionalità: Italia
Distribuzione: 01 Distribution
Anno di uscita: 2015
Origine: Italia (2015)

 

 

 

 

 

 

 

Soggetto: Massimiliano Bruno, Paola Cortellesi, Furio Andreotti

 

Sceneggiatura: Massimiliano Bruno, Paola Cortellesi, Furio Andreotti, Gianni Corsi

 

Fotografia (Scope/a colori): Alessandro Pesci

 

Musiche: Maurizio Filardo

 

Montagg.: Luciana Pandolfelli

 

Durata: 103'

 

Produzione: Fulvio e Federica Lucisano per Italian International Film con RAI Cinema.

Trailer
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La legge del mercato

Posted on 6 Novembre 201524 Settembre 2024 By Robireggio Nessun commento su La legge del mercato

laloidumarche

LA LEGGE DEL MERCATO

(La loi du marche)

Genere:Drammatico

Regia: Stéphane Brizé
Interpreti: Vincent Lindon (Thierry Taugourdeau), Yves Ory (consulente dell'ufficio di collocamento), Karine de Mirbech (moglie di Thierry), Matthieu Schaller (figlio di Thierry), Xavier Mathieu (collega), Noel Mairot (insegnante di danza), Catherine Saint Bonnet (manager della banca ), Tevi Lawson (tutor dell'agenzia di collocamento), Guillaume Draux La Prima (direttore delle risorse umane).
Nazionalità: Francia
Distribuzione: Academy Two
Anno di uscita: 2015
Origine: Francia (2015)

 

 

 

 

Soggetto e scenegg.: Stèphane Brizé e Olivier Gorce

Fotografia (Scope/a colori): Eric Dumont

Musiche: Ange Ghinozzi (supervisore alle musiche)

Montagg.: Anne Klotz

Durata: 93'

Produzione: Christophe Rossignon, Philippe Boeffard

68°FESTIVAL DI CANNES 2015, PREMIO PER LA MIGLIORE INTERPRETAZIONE MASCHILE A VINCENT LINDON; MENZIONE SPECIALE DELLA GIURIA ECUMENICA.

Giudizio: Consigliabile/problematico/dibattiti * *
Tematiche: Famiglia – genitori figli; Lavoro; Politica-Società;  
 
Soggetto: In Francia, oggi. Thierry ha 51 anni, è disoccupato da quando, mesi prima, l'azienda ha rinunciato alle sue prestazioni di fronte al rinnovo dei macchinari. Thierry cerca un nuovo lavoro, lo trova dopo molta attesa. Eccolo con divisa ufficiale, impegnato come controllore all'interno di un centro commerciale. Ben presto, viene chiamato a partecipare ai confronti con alcune persone scoperte a sottrarre illegalmente prodotti. Si tratta all'inizio di persone sconosciute. in seguito l'attenzione si sposta su alcuni impiegati, uomini e donne, cui vengono contestati indebiti utilizzi di offerte promozionali. Tra questi, una signora non regge alla vergogna per l'accusa e si uccide. Di fronte poi ad una ragazza messe alle strette per uso fraudolento di buoni punti e minacciata di licenziamento, Thierry prende una decisione repentina. Esce dalla stanza, si toglie la divisa, al parcheggio prende la macchina e si allontana nella città. La legge del mercato
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Valutazione: Il lavoro è uno degli argomenti centrali della vita europea a cavallo tra i due Millenni. Il lavoro, ossia: la ricerca per i giovani, la perdita per i più grandi, la necessità di rimettersi in gioco tra pudori, incertezze, difficoltà di rapporti generazionali. Dentro queste e altre varianti corre molto cinema europeo degli ultimi anni in parallelo con l'andamento altalenante degli indicatori economici e con l'incalzare della crisi. E' quasi impossibile ridurre tutto ad una graduatoria, ma certo le vicende di uomini e donne in età di difficile collocazione professionale colpiscono e lasciano segni profondi. Sulla scia dunque dell'esemplare precedente di "Due giorni una notte" dei fratelli Dardenne (2014), si muove il film di Stéphane Brize. Dove Thierry, all'età di 51 anni, ricomincia da zero e trova un lavoro che lo mette di fronte alla faccia spietata e cinica dei meccanismi produttivi. Situazioni eticamente impossibili da condividere e dalle quali subito si chiama fuori. La sequenza finale, nella quale il protagonista non dice una parola, e anzi si perde in un campo lungo che crea rinuncia e distanza, è sintomatica dell'approccio al problema: niente grida, niente proteste, niente denuncia. Pur avendo Thierry moglie e un figlio disabile, il suo dramma resta personale e quasi privato, a suggerire che il tema 'lavoro' è talmente profondo da rendere superflua ogni altra contaminazione. Al pari del copione, anche la regia di Brizé poggia su ellissi, sottrazioni, sintesi.loi2
Thierry dunque è un uomo disilluso, preoccupato e tuttavia non negativo. Verifica tuttavia l'esistenza di un 'sistema' economico quasi impossibile da scalfire, una sorta di status esistenziale fatto di divaricazioni e solchi esistenziali. Tutte queste sensazioni passano con efficacia sul volto di Vincent Lindon, un Thierry di forte realismo, premiato con la palma d'oro a Cannes 2025. Per la capacità di riproporre con lucidità una situazione delicatissima che spesso obbliga l'individuo a scelte morali estreme, il film è consigliato.
recensioni :     Cineforum      Cinecriticaweb   Cinematografo it    trailer
 
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Dheepan -Una nuova vita-

Posted on 4 Novembre 201524 Settembre 2024 By Robireggio Nessun commento su Dheepan -Una nuova vita-

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Precisiamo subito una cosa: Deephan non è un film sull’immigrazione, sulla guerra civile o sulla violenza delle periferie metropolitane.

Il regista vuole esprimere un’idea forte che riguarda un Sogno, quello della composizione o ricomposizione di sé, di un’unità, di sentirsi armonici con il mondo e con gli altri.  

Il film è stato criticato come schizofrenico perché ha due momenti apparentemente opposti senza soluzione di continuità, invece è lineare perché ha un epilogo che fa leggere la vicenda in una unitarietà che esprime la ricomposizione che dicevamo sopra.

In questo senso è importante ribadire i due punti fermi della poetica del regista Jaques Audiard, nei suoi sette film realizzati, con l’ottavo in uscita nella prossima primavera:

  1. Non c’è possibilità di arrivare all’amore, se non attraverso la violenza.                                                        

Non illudetevi di poter vivere una condizione idilliaca, pacificata, se non avete attraversato la realtà della violenza che è la realtà dell’oggi. Unica possibilità di arrivare ad un idillio, un amore, ad una armonia è di prendere atto che siamo dentro una violenza e la dobbiamo guardare, non la possiamo scansare. Quasi un passare dal Golgota per arrivare alla resurrezione;

 

  1. Il regista afferma inoltre di fare cinema per costruire immagini ed emozioni. Non solo fare bel cinema, arte, ma il bisogno di coinvolgere, per cambiare la nostra percezione del mondo cioè film che mostrino i diversi punti di vista sulla realtà. Più  le capacità di guardare il reale si distanziano dal proprio punto di vista narcisistico, abbracciando anche quello degli altri, più la persona può avere maggiore intelligenza di sé, della realtà e del mondo.

Non è facile conciliare film di qualità, artistici, con l’emozione ed il coinvolgimento dello spettatore, ma Jaques Audiard sembra esserci riuscito anche questa volta, meritando la Palma d’oro a Cannes 2015.   R.R.

 

 leggi recensione cineforum

 

In fuga dalla guerra civile in Sri Lanka, un ex guerriero Tamil, una giovane donna e una bambina si fingono una famiglia. Accolti come rifugiati in Francia, vanno ad abitare in una banlieue difficile dove, pur conoscendosi appena, cercano di vivere in armonia.

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Titolo originale:  Dheepan
Nazione:  Francia
Anno:  2015
Genere:  Drammatico
Durata:  114'
Regia:  Jacques Audiard
Sito ufficiale:  www.wildbunch.biz/movie/dheepan
 
Cast:  Vincent Rottiers, Marc Zinga
Produzione:  Why Not Productions, Page 114
Distribuzione:  Bim Distribuzione
Data di uscita:  Cannes 2015
22 Ottobre 2015 (cinema)
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Trash

Posted on 25 Ottobre 201524 Settembre 2024 By Robireggio Nessun commento su Trash

 

trash

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Il sale della terra

Posted on 23 Ottobre 201524 Settembre 2024 By Robireggio Nessun commento su Il sale della terra

 

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Titolo originale:  The Salt of the Earth
Nazione:  Francia
Anno:  2014
Genere:  Documentario
Durata:  100'
Regia:  Wim Wenders, Juliano Ribeiro Salgado
Sito ufficiale:   
 
Cast:  Sebastião Salgado
Produzione:  Decia Films
Distribuzione:  Officine UBU
Data di uscita:  Cannes 2014
23 Ottobre 2014 (cinema)

Il film racconta l’universo poetico e creativo di un grande artista del nostro tempo, il fotografo Sebastião Salgado. Dopo aver testimoniato alcuni tra i fatti più sconvolgenti della nostra storia contemporanea, Salgado si lancia alla scoperta di territori inesplorati e grandiosi, per incontrare la fauna e la flora selvagge in un grande progetto fotografico,omaggio alla bellezza del pianeta che abitiamo. La sua vita e il suo lavoro ci vengono rivelati dallo sguardo del figlio Juliano Ribeiro Salgado, che l’ha accompagnato nei suoi ultimi viaggi, e da quello di Wenders, fotografo egli stesso.

 

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E’ arrivata mia figlia…

Posted on 22 Ottobre 201524 Settembre 2024 By Robireggio Nessun commento su E’ arrivata mia figlia…

 

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È ancora possibile parlare di lotta di classe al cinema senza cadere nella retorica o fare del facile moralismo mascherato da impegno sociale? A giudicare da questa super premiata commedia drammatica battente bandiera carioca sembrerebbe che lo sia ancora. E che si riesca anche a farlo evitando il cattivo gusto, il patetismo di maniera e le tirate da cinema engagé che sono sempre state l’inevitabile corollario di tutte quelle pellicole che nel passato remoto come in quello più prossimo hanno messo al centro delle proprie storie lo scontro tra classi sociali in eterno conflitto su diversi palcoscenici antropologici del pianeta.
Per quanto la cosa possa sembrare fuori moda o per lo meno poco in linea con quanto il cinema d’autore sembra aver prediletto negli ultimi anni a livello di tematiche da usare per prendere di mira le storture del mondo denunciandone la persistenza invasiva, È arrivata mia figlia ruota integralmente intorno a quello che una volta sarebbe stato descritto come un conflitto di classe per antonomasia. Ovvero tra gli eletti che gestiscono la ricchezza avendola ereditata e senza far nulla per meritarla e gli umiliati e offesi condannati a subire proprio perché esclusi a divinis dall’accesso a quall’antico strumento di potere.
Nella parte più ricca della megalopoli che è San Paolo la famiglia del Dottor Carlos (pittore fallito che vive di rendita grazie ai soldi lasciatigli dal padre), di sua moglie Barbara (indaffaratissima business woman impegnata nel campo della moda) e del figlio diciassettenne Fabinho (viziato e abulico come tanti suoi coetanei in giro per il globo), il vero perno intorno al quale ruota la gestione dell’intera casa è la cinquantenne Val: arrivata tredici anni prima dal povero Nordeste dove ha lasciato la figlia Jéssica che non vede da dieci, oltre a cucinare, lavare, pulire e servire a tavola, ha fatto da madre surrogata di Fabinho che ha con lei un rapporto speciale invidiato dalla distratta madre troppo presa dal vortice della sua vita fasulla per aver tempo da dedicargli.
Un giorno Jéssica si rifà però viva per comunicare alla madre il proprio arrivo a San Paolo per sostenere l’esame di ammissione alla facoltà di architettura della più prestigiosa università del paese. Val non sta nella pelle dall’emozione, non potendo però prevedere che la presenza della figlia (emancipata e per nulla in linea con i rigorosi principi di separazione tra le classi su cui lei ha impostato la propria visione del mondo) creerà una specie di terremoto sociale all’interno della lussuosa dimora dove è a servizio da anni e dove non avrebbe nemmeno mai potuto immaginare che certi sovvertimenti di antichi equilibri sociali potessero fare da detonatore alla sua tardiva presa di coscienza.
Come accadeva nel Teorema pasoliniano, anche qui l’arrivo di un personaggio esterno alle dinamiche che regolano una certa parte di mondo dà il via a uno scombussolamento progressivo nell’intimo di chi ha da sempre goduto dei privilegi legati ad antichi rapporti verticali di sudditanza tra «servi» e «padroni». Ivi compresa (o forse soprattutto) la madre Val che all’inizio cerca di arginare le tendenze della figlia impedendole di abusare della cortesia dei suoi datori di lavoro e che alla fine dovrà invece non solo accettare in Jéssica l’inarrestabile avanzata del nuovo, ma si lascerà anche infettare dal contagio arrivando al gesto estremo del licenziamento in previsione di una rinascita sociale che è anche sofferta riappropriazione della dignità perduta.
Premiato al Sundance Film Festival con un riconoscimento speciale della giuria per il cinema straniero e poi insignito alla Berlinale del premio del pubblico nella sezione «Panorama», È arrivata mia figlia è il quarto film della cinquantunenne paulista Anna Muylaert. Approdata alla ribalta internazionale dopo una lunga gavetta nel campo televisivo (con molte serie TV da lei scritte e dirette) e in quello della sceneggiatura (con collaborazioni importanti quale quella per L’anno in cui i miei genitori andarono in vacanza di Cao Hamburger), ha esordito nel 2002 con Durval Discos, lungometraggio col quale aveva dimostrato sin da subito di essere un tipico animale da festival aggiungendo poi molti altri premi in Brasile e non col successivo Proibido fumar del 2009.
Contrariamente a quanto il trailer in circolazione in Italia vuole far credere, il suo non è affatto un film leggero all’insegna del divertimento spigliato né tantomeno una storia di formazione o di riconciliazione tra genitori e figli. E in questo non aiuta di certo la scelta che la distribuzione di casa nostra ha voluto fare nel tradire il senso del titolo originale che nella domanda «A che ora arriva?» voleva sinteticamente riassumere lo stato d’animo da prima della rivoluzione che precede l’arrivo di Jéssica a casa ma che allude anche al clima di costante attesa da parte di Fabinho di una madre assente che gli ha sempre preferito negli affetti la tata tuttofare con cui è cresciuto.
È arrivata mia figlia nutre ambizioni molto più grandi. Mettendo infatti in scena questa piccola rivolta di classe da kammerspiel in salsa carioca, Anna Mulyaert sfrutta l’apologo della colf devota che assiste impotente allo smantellamento delle regole secolari che da sempre governano le dinamiche sociali nel suo mondo per raccontare cosa sia il Brasile dei giorni nostri. E cioè un paese arrivato al bivio amletico del futuro portandosi dietro decenni di arretratezza imposta dalle minoranze bianche che per secoli hanno imposto modelli di separazione tra classi fondate solo sul censo e impermeabili a ogni forma di innovazione possibile.
Un paese nel quale Val rappresenta quel passato inossidabile fatto di quiescenza passiva e fatalistica ad antichi retaggi rimasti intatti per secoli, mentre la figlia Jéssica è la portabandiera del presente che sgomita e che non ha vergogna di urlare al mondo che la società del domani la si può costruire soltanto sul merito e sui valori autentici dei singoli senza alcuna distinzione né di classe né di censo. Ovvero una rivoluzione incruenta dal basso capace di infrangere quelle regole inique che per troppo tempo hanno spaccato a metà l’immenso Brasile, facendo sì che potere e ricchezza si concentrassero nelle mani di pochissimi e lasciando ai margini della Storia il resto chiassoso di un intero popolo costretto da sempre soltanto a subire.
Ma non ci si limita a questo (che come menù sarebbe già di per sé piuttosto ricco). Animata com’è dalla voglia di scardinare antichi tabù raccontando senza essere faziosa il nuovo Brasile che si affaccia da protagonista sugli scenari del mondo, Anna Mulyaert affronta anche un altro tema scottante che coinvolge milioni di donne brasiliane delle classi meno abbienti: costrette come Val ad andare a servizio a migliaia di chilometri di distanza per mantenere la famiglia stritolata nel sottosviluppo del paesello d’origine, moltissime madri allevano i figli di ricche signore finendo però col dover affidare ad altre donne i propri.
Il tutto in un mastodontico circolo vizioso cui sembra che le nuove generazioni (pur con tutto lo slancio rivoluzionario di cui sono portatrici) non riescano a sottrarsi. Prova ne sia che la stessa Jessica, con un colpo di scena che non è bene rivelare perché è lo snodo narrativo che permette alla sceneggiatura di uscire dalle secche del ritratto di borghesia con sfondo da lotta di classe per diventare inno al risveglio sociale e alla presa di coscienza di un singolo che però rappresenta masse intere, non ne è esente. Al punto che il suo personaggio, proprio a seguito di quella rivelazione tardiva, si converte da detonatore della rivoluzione in assist al finale alla melassa che rischia però di rovinare un po’ tutto il buono costruito fino a quel punto.
Esempio di cinema per tutti che chiede di tenere il cervello sempre collegato perché sa parlare in maniera leggera di temi pesantissimi, questa commedia sociale striata a tratti dai toni cupi del dramma deve molto del suo successo internazionale alla presenza di Regina Casé, attrice celeberrima in Brasile e superba nel disegnare la fisonomia remissiva della sua Val simbolo e sintomo di secoli di ingiustizia. Peccato però che il pubblico italiano, penalizzato da un doppiaggio che rasenta il dopolavorismo amatoriale da tanto è stucchevole, rischierà di non apprezzare in pieno la finezza della sua interpretazione, finendo col confonderla con una qualunque star di telenovelas qui in libera uscita artistica.

 

Titolo originale:  Que horas ela volta
Nazione:  Brasile
Anno:  2015
Genere:  Drammatico
Durata:  110'
Regia:  Anna Muylaert
Sito ufficiale:   
 
Cast:  Regina Casé, Michel Joelsas, Helena Albergaria, Camila Márdila, Karine Teles, Lourenço Mutarelli
Produzione:  Africa Filmes, Globo Filmes, Gullane Filmes
Distribuzione:  Bim Distribuzione
Data di uscita:  04 Giugno 2015 (cinema)
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Il capitale umano

Posted on 22 Ottobre 201524 Settembre 2024 By Robireggio Nessun commento su Il capitale umano

rassegna stampa

ilcapitaleumano

Titolo originale:  Il capitale umano
Nazione:  Italia
Anno:  2013
Genere:  Drammatico
Durata:  109'
Regia:  Paolo Virzì
Sito ufficiale:  www.repubblica.it/film/ilcapitaleumano/
Social network:  facebook
 
Cast:  Valeria Golino, Valeria Bruni Tedeschi, Luigi Lo Cascio, Fabrizio Bentivoglio, Fabrizio Gifuni, Vincent Nemeth, Matilde Gioli, Gigio Alberti, Guglielmo Pinelli, Giovanni Anzaldo, Bebo Storti
Produzione:  Indiana Production Company
Distribuzione:  01 Distribution
Data di uscita:  09 Gennaio 2014 (cinema)

Le velleità di ascesa sociale di un immobiliarista, il sogno di una vita diversa di una donna ricca e infelice, il desiderio di un amore vero di una ragazza oppressa dalle ambizioni del padre. E poi un misterioso incidente, in una notte gelida alla vigilia delle feste di Natale, a complicare le cose e a infittire la trama corale di un film dall'umorismo nero che si compone come un mosaico. Paolo Virzì stavolta racconta splendore e miseria di una provincia del Nord Italia, per offrirci un affresco acuto e beffardo di questo nostro tempo.

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Due giorni una notte

Posted on 22 Ottobre 201524 Settembre 2024 By Robireggio Nessun commento su Due giorni una notte

deuxjoursunenuit

leggi le recensioni

Titolo originale:  Deux jours, une nuit
Nazione:  Belgio, Italia, Francia
Anno:  2014
Genere:  Drammatico
Durata:  95'
Regia:  Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne
Sito ufficiale:   
 
Cast:  Marion Cotillard, Fabrizio Rongione, Pili Groyne, Simon Caudry, Catherine Salée, Batiste Sornin, Alain Eloy, Myriem Akeddiou, Olivier Gourmet, Christelle Cornil, Fabienne Sciascia
Produzione:  Archipel 35, Eyeworks, Les Films du Fleuve
Distribuzione:  Bim Distribuzione
Data di uscita:  Cannes 2014
13 Novembre 2014 (cinema)

Trama:
Sandra, assistita dal marito, ha a disposizione solo un fine settimana per andare a trovare i suoi colleghi e convincerli a rinunciare al loro premio di produzione affinché lei possa conservare il proprio posto di lavoro

Camminando...con i film, Cinema e cultura

In memoria di Asia Ramazan Antar
Fonte: Wikipedia

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