“Dove creano il deserto, la chiamano pace”, scriveva 2000 anni fa Tacito, riportando l’ultimo discorso alle truppe di uno dei tanti re “ostili” ai romani; come dire “o lottate fino alla morte, oppure sappiate che verrete massacrati da loro, i romani”.

Ho cercato in tutti modi di racimolare qualche altro tema per questa mia riflessione; ma devo confessare, che il mio cuore è così appesantito e straziato dalle immagini quotidiane, provenienti da Gaza e dintorni, da non riuscire a mettere insieme due idee, che abbiano senso.

Certamente questa prerogativa, di puntare all’estinzione dei nemici più riottosi, non è stata solo dei romani, ma è intrinseca a tutte a tutte le culture, che non solo vantano una superiorità economica e tecnologica, ma si auto concepiscono come superiori, come portatrici di civiltà, riducendo “l’altro/ l’alterità” a “barbaro e barbarie”. Non a caso il concetto di “barbaro” è stato coniato dai romani, per indicare tutto ciò che stava al di là e al di fuori del loro Impero.

In questo senso è doveroso ricordare che gli ebrei sono stati più volte vittime di questa perversione dell’umano: dall’invasione babilonese del 586 s.C., alla conquista di Gerusalemme da parte del futuro imperatore Tito. Terribile, quanto emblematico, il commento seguente di Giuseppe Flavio:

La città [di Gerusalemme] venne abbattuta dalla rivoluzione, poi i Romani abbatterono la rivoluzione, che era molto più forte delle sue mura; e di questa disgrazia si potrebbe attribuirne la causa all’odio di chi si trovava al suo interno, ai Romani il merito di aver ripristinato la giustizia”. Per non parlare della più che nota Shoah, drammaticamente rievocata in questi giorni.

Eppure, il Seduttore, il Divisore, ci sta accecando a tal punto da non vedere, che questa lucida e feroce vendetta alla fine travolgerà lo stesso Israele. Questo male lucidamente pianificato e deliberatamente scelto non può che trapassare tutta l’umanità, non solo i palestinesi, e creare le premesse per future, seppur vecchie, vendette, dove però gli ebrei torneranno ad essere a loro volta vittime.

Nel 1919 Chaim Weizmann, colui che sarebbe diventato il primo presidente dello Stato d’Israele, ammoniva che “non da conquistatori” sarebbero dovuti entrare gli ebrei in Palestina: “Noi che siamo stati oppressi non possiamo opprimere”. Purtroppo la storia di questo Stato è andata diversamente e le tragedie di questi giorni ne sono la triste conferma.

Probabilmente questo Stato, che ha raccolto i superstiti di secoli di persecuzioni, porta in sé la paura ancestrale di essere perennemente annientato. Per questo motivo, ad ogni minaccia, le sue risposte sono mediamente sproporzionate e violente. Ma la paura e l’angoscia non sono mai buone consigliere. Tutti noi sappiamo, che se ci lasciamo trascinare dall’angoscia dei nostri traumi, rendiamo impossibile la nostra e le altrui vite.

Bombardare deliberatamente un campo profughi e uccidere più di 3000 bambini in tre settimane non può essere divulgato come necessario, per difendere la civiltà contro la barbarie. Questa è barbarie come l’assalto di Hamas e produrrà altra barbarie, non l’estinzione di Hamas.

A questo livello i nostri governi occidentali, Stati Uniti in testa, hanno una gravissima responsabilità morale, nel confermare il pieno appoggio al Governo israeliano. Infatti, a differenza della guerra in Ucraina dove nessuno ha la forza politica ed economica di far sedere la Russia al tavolo della Pace, nel caso della Palestina poco potrebbe fare Israele senza l’appoggio occidentale.

Dire che lo Stato d’Israele sta lottando per i nostri valori occidentali è solo un escamotage mediatico, per anestetizzare ancora una volta l’opinione pubblica occidentale. In ogni caso se la civiltà occidentale è fondata su tali e tante vittime innocenti, beh questa non è la mia civiltà.

Invece, credo che noi abbiamo dei valori dei quali vantarci e dobbiamo salvaguardarli, senza se e senza ma. Il primo fra tutti è quello dell’uguaglianza nella dignità di tutti gli esseri umani. Per questo motivo, a mente fredda e seduto davanti ad un computer, non potrò mai chiamare “gli altri”, per nemici che siano, con titoli tipo: animali, cani, bestie, puttane e quant’alto. Nel momento in cui nego al mio avversario la dignità umana, autorizzo qualsiasi tipo di violenza su di lui.

Secondariamente, anche nel momento della mia sofferenza più straziante, devo ricordare a me stesso, che anche il mio avversario sta soffrendo. Anzi la sua violenza è la prova lampante del suo disagio, o squilibrio.

Infine, se l’Occidente, Europa in primis, si ritiene la culla della democrazia e del dialogo, non può prendere le parti del più forte, Israele, perché crei le condizioni per una trattativa diseguale. Siccome ha la possibilità di farlo, deve mettere in campo il suo potere politico ed economico, per forzare entrambe le parti ad interrompere la spirale della vendetta e mettersi al tavolo, per costruire una soluzione strutturale e definitiva. Questa arte della mediazione e del dialogo democratico è certamente un carattere distintivo dell’Occidente, nonostante i demagoghi del momento stiano cercando di smantellarla in tutti i modi.

Mettersi a servizio della pace israeliana significa per l’Occidente alimentare ulteriormente il suo isolamento rispetto ai 2/3 dell’umanità.

Pe. Marco