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Trama:
Una sera, dopo aver chiuso le pratiche giornaliere, Jenny, un giovane medico, sente suonare alla porta, ma non risponde. Il giorno dopo, la polizia la informa che una ragazza non identificata è stata trovata morta nelle vicinanze.

 

La ragazza senza nome è la nuova pellicola dei fratelli Dardenne che ancora una volta rimarca alcuni temi fondamentali espressi dalla loro cinematografia, ogni volta rinnovandoli con  personaggi, ambienti e storie che coinvolgono e spingono lo spettatore ad una presa di posizione.

Cerchiamo di capire come i registi esprimono in modo molto originale e personale una visione del mondo, quali obiettivi si pone la loro ultima opera e in seguito vedremo i segni attraverso i quali raccontano le vicende del giovane medico protagonista.

Prima cosa: il film è una lotta contro lo spazio, mentre il precedente due giorni e una notte era una corsa contro il tempo.

Non solo uno spazio fisico che vediamo chiuso, degradato, arido, con un cielo grigio, spazio ottuso di una periferia degradata, ma anche  lo spazio di Jenny, la protagonista, come  spazio interiore, che si racchiude piano piano fino ad arrivare ad una buca….Lo spazio interiore si fa soffocante, la protagonista sembra non trovi aiuto o forma di complicità.

Questa è la Storia di chi non si arrende, di chi non accetta la dimensione del buio, dell’indifferenza, del non guardare, dove si comunica difficilmente.

Il  film apparentemente racconta una storia banale, un’omissione di soccorso. Jenny è un buon medico, scrupolosa e professionale come viene presentata all’inizio mentre visita una persona affetta da bronchite ( respiro affannato, come quello del mondo che abitiamo, che respira male, perchè non ha anima, spirito).

Il film fa una diagnosi della contemporaneità molto lucida raccontando del movimento della protagonista. Cosa la muove?

IL MOVIMENTO DI JENNY

Jenny  non si muove solo per un senso di colpa per mancata omissione di soccorso, ma ci viene presentata come dotata di  una coscienza professionale e umana; con questo i registi ci dicono che nonostante questo tutti possono sbagliare, per  nervosismo, stanchezza o  stress si possono commettere errori.

Lei non si muove solo per senso di colpa, per omissione come abbiamo detto prima,  ma per cercare un’identità, un nome, una persona, trovata morta nelle vicinanze del suo studio medico, dopo che la sera prima forse in fuga aveva citofonato, per chiedere aiuto, non ricevendo risposta. Le sue ricerche per dare un nome a questa vittima diventeranno il motore per un vero cambiamento umano dei personaggi della storia.

La cosa piu importante che i Dardenne ci dicono col film è questa:

Se tu non ti arrendi, se hai una coscienza, se hai una moralità anche questa è epidemica: lo spazio si chiude ma poi ad un certo punto si riapre, perchè i personaggi che sembravano chiusi ed ostili, si fanno contagiare dalla coscienza e dalla moralità, arrivando alla confessione e alla redenzione. Molto importantante il tema della presa di coscienza e della confessione.

Le due immagini finali sono un bambino ed un’anziana che la protagonista accompagna nella sala visite. Lei è la stessa di prima, ha la stessa solidarietà iniziale, ma ha vinto, perchè ha contaminato moralmente gli altri personaggi, spostandoli dall’indifferenza, al senso di colpa, al riscatto. Ma la cosa più bella del film è l’identità, il riconoscere l’altro, dargli un nome, una storia, un’individualità. Film molto pulito, lineare, ma con una lezione di moralità e non arrendersi mai alla propria umanità ma calarla nell’esistenza quotidiana.

I SEGNI DEL FILM

I segni espliciti da tenere in considerazione sono il già accennato spazio sia fisico che interiore, che sembra inesorabilmente chiudersi ( fino alla buca), per poi riaprirsi verso un finale di speranza.

Le difficoltà comunicative con le chiusure sono ben rapprensentate dal citofono e dagli oggetti elettronici che ci separano invece di unirci.

Le magliette della protagonista che con i loro colori sottolineano gli sviluppi e gli stati dell’anima mentre affronta la ricerca e le chiusure degli altri.

L’anziano paziente che respira a fatica ad apertura di film, segno della fatica del mondo, dell’uomo, come fatica dell’anima, del rapportarsi alla realtà in modo più vero, più umano.

Il bambino e l’anziana nella scena finale dove gli spazi si riaprono e la protagonista finalmente può tornare ad affrontare la sua quotidianità professionale in modo più sereno.

Infine lo sguardo morale di Jenny, che soprattutto all’inizio del film viene rifiutato. Il segno è quello dell’Endoscopio che viene lanciato contro il muro per rabbia dal suo assistente. Sembra dire, non vogliamo il tuo sguardo, ci mette in crisi, ci toglie certezze, ci costringe a fare i conti con noi stessi.

L’ azione della protagonista tocca e cambia le persone che vivono nell’indifferenza altrui, in un movimento che dalla consapevolezza arriva alla confessione, al riscatto e alla pienezza della propria umanità.

Un film da vedere che non vi lascerà indifferenti.