Nell’inevitabile incontro/scontro con la cultura ellenistica il Vangelo ha certamente avuto modo di inculturarsi nell’area mediterranea; d’altro canto, per fare ciò, ha dovuto pagare anche dei prezzi non indifferenti. Certamente il più pesante è stato quello dell’assimilazione del dualismo greco, ovvero la distinzione marcata tra anima e corpo. Ancora oggi, per esempio, l’enfasi esagerata data al corpo non è altro che la reazione, uguale e contraria, all’esaltazione per secoli della sola anima. Sta di fatto, però, che, cambiando l’ordine dei fattori, il risultato non cambia, … ovvero la scissione permane e molto profonda.
Dentro questa gabbia culturale, in questi duemila anni di cristianesimo il Vangelo è stato letto quasi esclusivamente come una sorta di “pass-partout, per portare l’anima in Paradiso”. Da qui tutta la tendenza introspettiva, nel tentativo di scendere in quel “vulcano” che è il nostro cuore, per cercare di riconoscervi e dominarne le più svariate tentazioni.
Ovviamente non voglio “buttare il bambino assieme all’acqua sporca”; ovvero non voglio misconoscere l’importanza della grande tradizione spirituale, che ci ha dato gli strumenti per fare discernimento circa i moti del nostro cuore. D’altro canto, la stessa tradizione spirituale e le migliori acquisizioni psicologiche ci hanno ormai mostrato che molti dei problemi degli umani provengono esattamente dalla scissione sopra citata. Non solo. In realtà, questa separazione tra anima e corpo è alla radice anche di quella tra l’uomo e la natura; esattamente perché il nostro corpo è parte integrante della natura.
Eppure le Scritture avevano già superato questo rischio fin dall’Antico Testamento. Infatti, già nel racconto della Creazione è evidentissima la singolarità di questo Adam/Terra animato, reso vivente dalla Ruah/Spirito del Creatore. Da quel momento, però, per la Bibbia c’è solo ed esclusivamente questo singolare Essere vivente. Si ha come l’impressione che, attraverso l’Umanità”, JHWH abbia voluto “mettere il suo Spirito” dentro la natura per vivificarla e trasformarla.
Di certo, come ben ci dice Is 11,1-9, il Messia non viene solo per liberare le anime. È interessante notare che Isaia non ha bisogno di giustificare questa trasformazione di tutto il Creato, frutto della Liberazione portata dal Messia. In altre parole, è di per sé evidente che per il suo essere Adam/Terra, l’uomo e la donna trasformate dal Vangelo cambieranno anche le loro relazioni con il resto della Creazione. Anche da questo punto di vista non possiamo non ringraziare il grande dono, che è la “Laudato sii”, perché ci aiuta a recuperare tutte queste grandi prospettive bibliche. In particolare ci aiuta ad immaginarci, di nuovo, non come uomini e donne “di fronte alla Natura” in una lotta titanica per dominarne la forza. No, l’essere umano deve riconoscersi dentro la Creazione, parte di essa, e solo riconoscendone e rispettandone le leggi, potrà dar vita ad un circolo virtuoso.
Da un lato l’uomo potrà trarne le condizioni per vivere e sviluppare i suoi talenti; dall’altro esercitando i suoi talenti l’essere umano potrà sviluppare tutte le potenzialità iscritte nella Creazione.
In questa interazione armonica sta il senso del brano di Isaia sopra citato. L’esperienza di molti Santi, in primis S. Francesco, ci dice che la persona trasformata dal Vangelo non ha paura e non vive in conflitto con la Natura, rispettandone le leggi e valorizzandone le potenzialità.
Ma questo rispetto nei riguardi della Creazione l’apprendiamo nella misura in cui impariamo ad ascoltare e farci carico del grido dei poveri e degli umili. Il Messia di Is 11 ristabilisce il Diritto e la Giustizia intervenendo nella realtà sociale non in base a gusti, o tendenze; tantomeno per rispetto, o timore dei potenti di turno. Anzi sarà forte e irremovibile con i potenti e debole con gli umili e i poveri. Dunque, esattamente in questa visione della Giustizia come difesa dei deboli e degli oppressi e non come mera salvaguardia dello status quo, che la realtà potrà essere ricondotta dentro l’alveo del progetto originario del Padre; ovvero essere una totalità armoniosa e sincronica.
Questa è esattamente la Liberazione portata da Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio incarnato. Ma questa Liberazione è ancora in atto nella Storia ed è stata affidata come compito e missione alla Ekklesia dei suoi discepoli. Solo entrando nei conflitti e nelle ingiustizie della Storia con questa prospettiva divina, la Chiesa continuerà l’opera del suo Signore. Viceversa non potrà che essere destinata all’irrilevanza.
Padre Marco