Una volta tanto dobbiamo rendere merito alla nostra liturgia ambrosiana, per aver conservato per la Festa della Sacra Famiglia questo brano provocante di Luca 2,41-52; ben sapendo che l’intenzione profonda dei liturgisti era molto più riduttiva, ovvero far risuonare ogni anno l’annotazione lucana “Scese dunque con loro e venne a Nazareth e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”. Perché è bene ciò che finisce bene, come nei migliori film hollywoodiani.

Indubbiamente i versetti citati sono veri e segnano il riconoscimento evangelico dell’istituto familiare.

Detto ciò, non è giusto estrapolare questi versetti dal loro contesto e allinearci con le principali tradizioni religiose, ebraismo in testa, che pongono la terra/patria e la famiglia come fondamenta della loro proposta religiosa.

Infatti il contesto, in cui Luca fa le sue annotazioni, è quello di un gesto dirompente compiuto da Gesù. Nel momento in cui entra nel mondo degli adulti, compiendo il dodicesimo anno d’età, subito Gesù attesta, che per Lui e per i suoi discepoli la famiglia, i legami di sangue, non sono il riferimento ultimo e fondamentale su questa Terra. Infatti, i versetti da cui siamo partiti vengono immediatamente dopo la risposta inequivocabile di Gesù: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro”.

Per le anime belle e per i predicatori, che non conoscono il Vangelo, vorrei sottolineare, che questo non è stato uno sgarbo adolescenziale di Gesù nei riguardi dei suoi genitori. No, qui abbiamo uno dei tratti più qualificanti del Vangelo, ciò per cui il Vangelo è veramente tale, ovvero Buona Novella del Padre per noi suoi figli.

Infatti Gesù, crescendo in età e sapienza, rincarerà la dose e quando i suoi parenti, Maria in testa, lo cercheranno di nuovo, manderà a dir loro: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre” Mc 3,33-35. “Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: “È fuori di sé” Mc 3,20.

La nota triste è che, se Gesù si ripresentasse in carne ed ossa, riceverebbe la stessa sentenza dalle nostre catechiste e dalla nostra Pastorale Familiare. Infatti, entrambe pongono la famiglia, ovvero i legami di sangue, come fondamento per l’annuncio del Vangelo alle nuove generazioni. Se ciò poteva avere qualche giustificazione in tempi di cristianità, di società formalmente cristiana, certamente non ha più alcun senso in una società profondamente paganizzata, come è la nostra occidentale.

Allora, i discepoli di Gesù riconoscono e salvaguardano la famiglia quale struttura sociale naturale, dove i bambini imparano a “stare nel mondo”, con tutte le dinamiche che ciò comporta.

Ma l’accoglienza del Vangelo, quale visione del mondo voluta dal Padre, può avvenire solo dentro una Comunità di fratelli, fondata sull’accoglienza della Parola di Gesù. Ovviamente, ciò non esclude che la famiglia possa testimoniare il Vangelo ai figli; anzi, la cosa non può che essere auspicabile.

Il fatto è che la Fede in Gesù passa attraverso la testimonianza di discepoli, che hanno creduto in Lui e cercano di seguirlo, pur nella perenne contraddizione delle loro vite.

Diversamente dalle prospettive di “Evangelii Gaudium”, il nerbo della nostra pastorale parrocchiale ruota ancora attorno al binomio Pastorale Familiare e Catechesi. In particolare “i nuovi orizzonti” di quest’ultima cercano di evangelizzare i genitori, prendendoli con il laccio della catechesi dei figli. Pena che a questi ultimi chiediamo ingenuamente (per non dire di peggio) “di stare sottomessi ai genitori”, perché Gesù stava sottomesso ai suoi genitori. Obbedienti e sottomessi, i figli imparano dai loro genitori pagani, che il Regno di Dio ed il Vangelo è roba per i fanciulli; appartiene al mondo delle fiabe, né più né meno, come Biancaneve e i sette nani, o Cappuccetto Rosso. Gli adulti, che assumono fino in fondo la loro maturità, non posso credere ed affidarsi ad un Altro, diverso dal proprio “io”.

Salvo poi trovarci in tutte le riunioni ecclesiali, possibili ed immaginabili, a chiederci come mai gli adolescenti si allontanano regolarmente dalla Fede religiosa…

Questa situazione paradossale potrà essere in qualche modo invertita, solo quando nelle Comunità cristiane, belle o brutte che siano, metteremo sempre più a fuoco la dimensione missionaria del Vangelo. La Chiesa dei discepoli di Gesù esiste essenzialmente per coloro, che non ne fanno parte, per far conoscere Gesù di Nazareth a chi non l’ha ancora incontrato.

I percorsi e le esperienze di tale annuncio sono molteplici e variegati, a seconda degli uditori in questione. Ma ogni interlocutore ha il diritto di incontrare il Vangelo attraverso dei fratelli e discepoli, divenuti tali in virtù della Sua Parola. Solo così capiranno che “l’uomo e la donna lasceranno il padre e la madre, per… vivere ciò che il Vangelo suggerirà loro”.

                                                                                               Pe. Marco