Il testo tratto dagli Atti degli Apostoli, che ci viene proposto per questa domenica, evidenzia di forma molto chiara una preoccupazione, che attraversa l’intero libro della Chiesa nascente: mostrare come la forza, la potenza divina operante in Gesù di Nazareth, continua ad operare nella storia attraverso il Suo Spirito, anima della Chiesa. Questo è il senso del racconto della resurrezione di questo bambino. Ed ancora una volta non sarà inutile far notare come questa azione dello Spirito è una azione liberatrice. Ovvero la Chiesa può dirsi di Gesù, se il suo agire sarà contraddistinto da questo tratto liberatore: liberarsi e liberare le persone e le strutture da ogni forma di oppressione e di peccato, che ci impedisce di partecipare pienamente della Vita autentica, della Vita Eterna.
Di solito, nelle nostre Chiese occidentali questo tipo di linguaggio viene percepito come strano, o troppo sociologizzante; e, quand’anche viene accolto con favore, si tende a identificarlo con alcune pastorali speciali della Chiesa: la Caritas, i gruppi o movimenti missionari, qualche attività esorcistica e così via. Oppure, e la questione diventa ancora più subdola, al punto da esigere un pronunciamento della Congregazione per la Dottrina della fede, tutta la forza salvifico-liberatrice del Vangelo viene relegata ad una non ben definita “anima”, che essendo totalmente svincolata dal “mondo della vita”, risulta totalmente eterea, inconsistente. In questo modo, con un paio di colpi di coda, abbiamo di fatto reso inconsistente, irrilevante, per la vita reale del mondo, la forza liberatrice del Vangelo di Gesù.
Purtroppo, a volte, anche persone animate da buona volontà percepiscono una certa inefficacia del Vangelo, quando cercano di farlo interagire con la vita degli uomini e delle donne di oggi.
Penso che tutti noi abbiamo detto, o abbiamo sentito frasi del tipo: “Le abbiamo tentate tutte, ma ciò che noi proponiamo non interessa alle coppie, ai genitori, agli adolescenti ecc…”. Fermo restando che c’è sempre stata e sempre ci sarà una resistenza del Mondo nei riguardi del Vangelo; detto ciò, noi, laici, ma soprattutto clero, ci mettiamo del nostro, perché si crei questa distanza, questa insignificanza.
Infatti tendiamo molto a leggere il Vangelo, quasi in un mondo a parte, ovvero nei nostri ambienti. Non che essi siano geograficamente “fuori dal mondo”. Il fatto è che li strutturiamo quasi fossero una riproduzione artificiale del mondo; “una ricostruzione da laboratorio” di ciò che la vita ci propone per conto suo. Dopo di che cerchiamo “di esportare” nel Mondo, ciò che abbiamo elaborato nei “nostri laboratori cattolici”.
Per questo motivo le nostre soluzioni, le nostre proposte, i nostri progetti vengono percepiti dalla società come “artificiali” rispetto alla vita reale delle persone.
A me pare che lo stile di Gesù, purtroppo quasi subito tradito dalla Chiesa, era quello di “andare laddove vivono gli uomini e le donne”, per incontrarli, conoscerli ed aiutarli a liberarsi da tutto ciò che impedisce loro di vivere la Vita Eterna, di vivere in pienezza la loro dignità di Figli di Dio. Questo tipo di approccio toglierebbe ai discepoli di Gesù l’inevitabile certezza delle risposte prefabbricate e li butterebbe dentro le contraddizioni e le ambiguità della vita reale. D’altro canto, laddove i testimoni di Gesù aiutassero ad affrontare o vincere le varie forme di ingiustizia ed oppressione, è chiaro che sarebbero riconosciuti inequivocabilmente come figli del Dio della Vita, del Liberatore del genere umano.
Anche per questo motivo, nel breve Vangelo di oggi, Gesù dice inequivocabilmente che le sue pecore, ovvero coloro che vogliono vivere all’altezza della loro dignità umana e cristiana, coloro che vogliono vivere come Figli di Dio “riconoscono la Sua voce e lo seguono”. Ma è chiaro che se la Chiesa, prevalentemente, “non riecheggia, non riproduce” la voce di Gesù, quelle pecore non l’ascolteranno.
Purtroppo, se quella prospettiva liberatrice detta sopra non è l’asse portante ed il criterio ispiratore di tutte le nostre attività ecclesiali, difficilmente potremo essere associati con l’azione di Gesù di Nazareth.
Pe. Marco