Il brano degli Atti degli Apostoli 6,1-7, che ci viene proposto per questa domenica, mi pare che ci
offra degli spunti interessanti, per mettere a fuoco meglio questa benedetta sinodalità.
Al di là dei dettagli della vicenda, il contesto, che ci è tramandato da Luca, è quello della vita reale
della prima Comunità cristiana, nella quale si scatenata un conflitto tra due diverse fazioni,
riguardante la distribuzione dei viveri ai poveri. A partire da questo dato di realtà, affrontato alla
luce del Vangelo, i primi cristiani hanno creato il diaconato, giustamente per rispondere a questa
sfida.
Come ci viene ripetuto continuamente, per camminare assieme alla luce del Vangelo (sinodalità),
abbiamo bisogno innanzitutto di imparare ad ascoltare la realtà in cui siamo immersi. Certamente
questa attenzione è imprescindibile dal Vaticano II° in qua. D’altro canto, chiunque ha acquisito un
minimo di dimestichezza con il Vangelo, sa benissimo che la realtà, il mondo, non è solo la casa dei
buoni propositi e dei più alti ideali. Anzi!
Ecco allora che l’ascolto di cui si diceva non può essere semplicemente la raccolta e l’accoglienza di
tutti i capricci e di tutte le mode, che la società inventa continuamente. In altre parole, questo
ascolto deve avvenire alla luce del Vangelo; deve cioè farsi discernimento, per poter riconoscere
ciò che di cristiano ci offre la realtà e ciò che è contrario alla logica del Regno di Dio.
Ma esattamente in questo ascolto della realtà sta il nostro “tallone d’Achille”. Infatti, le poche
realtà che hanno accolto il percorso sinodale e si sono messe in ascolto della realtà, hanno
evidenziato un’ingenuità a dir poco pericolosa. Infatti, a mio avviso, più che esercitare il
discernimento cristiano sulla realtà, si è cercato e si cerca di attrarre chiunque, purché venga a
riempire le panche vuote delle nostre Chiese. Tutto ciò sta avvenendo, perché non abbiamo messo
a tema sufficientemente alcune domande di fondo del tipo: come la Chiesa di Gesù ascolta e legge
la realtà? Chi dovrebbe concretamente operare questo discernimento? Ma qui, attorno a queste
domande, ruotano gran parte dei problemi della Chiesa.
Infatti, se volessimo andare a vedere cosa è stato finora il processo sinodale, vedremmo che in
gran parte è stato ancora una volta una questione di vertici, se escludiamo la singolare esperienza
tedesca. Ovvero ha coinvolto solo una parte del clero, i vari organismi ecclesiali e, soprattutto, i
Vescovi. I battezzati, ovvero il 99% del Popolo di Dio, sono rimasti sostanzialmente al di fuori di
questo percorso.
Ovviamente le ragioni di questo limite sono molteplici e complesse. D’altro canto gli Atti ci
attestano inequivocabilmente una verità: per operare un autentico discernimento nello Spirito
Santo, occorre non solo saper ascoltare, ma anche saper parlare e parlare apertamente (la
benedetta, o maledetta parresia, così negletta e dimenticata nella Chiesa). Di fronte al problema
emerso nelle mense, i cristiani degli Atti si mettono in gioco; ciascuno dà il suo parere con rispetto
e franchezza ad un tempo; ovvero le questioni in gioco vengono messe sul tavolo e ciascuno dà il
suo contributo apertamente in vista di una soluzione condivisa. In questo dinamismo, non si cerca
di salvare le apparenze, come avviene nelle relazioni borghesi. Invece, si arriva addirittura a
stravolgere la struttura della Comunità, viene creato il diaconato, pur di essere fedeli alla Giustizia
del Regno.
Ecco, questa dedizione assoluta al Bene, alla Giustizia del Regno, in altre parole al Vangelo, è il
patrimonio comune e indiscutibile dei primi cristiani, in una tensione continua a ricercare tutto ciò,
dentro le vicende concrete della Vita.
Orbene tutto ciò è possibile, se la Comunità è composta da discepoli di Gesù, che si assumono la
responsabilità, sia di parlare apertamente che di ascoltare continuamente; perché l’azione dello

Spirito può essere riconosciuta solo attraverso un linguaggio umano. I due momenti sono
inscindibili e imprescindibili ad un tempo. D’altro canto, dei due ciò che più manca nella Chiesa, è
l’esercizio della parresia.
La cosa non è di oggi, anche se continuo a sorprendermi per la grande libertà teologica e spirituale
ancora presente nella Chiesa medievale. Probabilmente sia la crisi conciliarista, che la Riforma
protestante, hanno accelerato la svolta autoritaria e clericale nella Chiesa Cattolica. Da qui si è
diffusa l’idea, secondo la quale l’autorità, qualunque essa sia, ha la presunzione del Bene e della
Verità, in virtù di una non ben definita assistenza dello Spirito Santo. Da qui il detto, secondo il
quale “obbedendo non si sbaglia mai”.
Sull’onda di queste tendenze non poteva che fiorire un laicato sostanzialmente impaurito e
sottomesso. Salvo le poche menti libere, ma declassate al ruolo di contestatori, o di eretici.
Certo oggi, anche i pochi rimasti a frequentare la Chiesa, avvertono l’urgenza di recuperare la
libertà responsabile della prima Comunità cristiana, ma ancora ci manca il linguaggio ed il coraggio
per questo ritorno alle radici della nostra fede.
Chissà se vedrò questa conversione dalla Terra o dal Paradiso…
Pe. Marco