Mi presento, mi chiamo Ramanie e sono una cittadina Italo-cingalese che da 30 anni vive a Lecco, più precisamente tra Laorca e Malavedo.

Cingalese? sì, non è un errore di battitura! Per chi non lo sapesse, è la nazionalità degli abitanti dello Sri Lanka, e prende come riferimento l’etnia autoctona e maggioritaria del paese, ovvero i “Sinhala”, da cui appunto deriva il termine cingalese.

Se avete piacere di continuare nella lettura, sono qui per raccontarvi brevemente chi sono e provare a ripercorrere il lungo viaggio che mi ha portato ad essere qui a 8000 km di distanza dalla mia terra materna, posto che è diventato la mia seconda casa.

Sono nata a Kandana, un distretto non molto distante dalla capitale Colombo.

Terza di 9 fratelli, di cui 6 femmine e 3 maschi.

Sfortunatamente, mio padre è venuto a mancare quando io avevo 22 anni, per un malore, mentre mia mamma, Lalitha, vive nella casa di famiglia (da poco ha compiuto 82 anni!)

Mi sono diplomata in ragioneria e ho intrapreso il percorso accademico di giurisprudenza.

Purtroppo però, in quegli anni, la guerra civile tra le etnie Sinhala e Tamil ha preso il sopravvento, creando una situazione impossibile da sopportare:

In primis, ho perso molto amici, parenti.

Il paese era tappezzato di soldati per strada, la sera non si poteva uscire se non con la scorta.

Anche l’educazione scolastica ne ha risentito, in quanto ho dovuto frequentare la stessa classe per due anni consecutivi, poiché la guerra in atto bloccava per lunghi periodi la possibilità di andare a scuola.

In questo contesto, quindi, nell’ormai lontano 1986, da poco superati i venticinque anni di età , insieme ad amici e parenti ed a colui che poi è divenuto mio marito e padre dei miei 3 figli, abbiamo preso la decisione di “emigrare”.

Esiste un modo di dire tipico nel mio paese d’origine, “rate yanne” il quale significa proprio “andare a quel paese” con accezione ovviamente positiva!

Eravamo a conoscenza della destinazione, l’Italia, ma in nessun modo ci potevamo immaginare come si sarebbe sviluppato il viaggio.

Perché proprio l’Italia? Mio fratello maggiore era stato in Italia, precisamente a Napoli, per qualche anno come studente.

In quegli anni, Russia e Ungheria, concedevano visti turistici agli abitanti dello SriLanka.

Per questo motivo, il 17 luglio 1986, valige alla mano, abbiamo preso un volo dalla capitale Colombo con destinazione finale Budapest, passando per Mosca.

Eravamo un gruppo di circa 25 persone, e, fino a quel momento, tutto sembrava andare per il verso giusto.

Il giorno dell’arrivo, dopo aver mostrato i dollari in nostro possesso, un pullman ci ha caricati su di esso, insieme alle nostre valigie, con destinazione sconosciuta.

Scesi dal pullman, dopo un viaggio di 16 ore, con il divieto di prendere le nostre valige, siamo stati costretti a seguire l’autista a piedi: era buio, e ci siamo trovati in un bosco sperduto.

Durante il percorso, l’uomo ci ha intimato di non proferire parola, quindi la marcia avvenne in totale silenzio.

Arrivati a destinazione, sempre l’autista ci ha chiesto di rimanere fermi in quella posizione, ricordando di non parlare.

Le ore passavano inesorabili, ricordo almeno 4 tramonti e 3 albe, fermi lì, senza cibo e acqua.

Durante quelle interminabili giornate, siamo venuti a conoscenza che altre persone del nostro gruppo avevano già vissuto questa esperienza, con loro, quindi avevano nascosto nelle tasche delle giacche e dei pantaloni, scatolette di tonno e di altro cibo.

È stato il momento in cui abbiamo compreso di essere clandestini, ma ormai non si poteva più tornare indietro.

Alla mezzanotte dell’ultimo giorno, sentiamo il rumore di una barca avvicinarsi: un uomo ci parla, ci spinge tutti sulla barca, sdraiati a terra, con il divieto di alzarci e di parlare, arriviamo a Trieste.

Siamo in Italia.

Da qui il gruppo ha iniziato a spezzarsi, ognuno ha seguito la sua destinazione finale. Io, con i miei parenti ed amici, passando per Roma, siamo arrivati a Napoli dopo 7 lunghi giorni di un viaggio molto intenso.

Fortunatamente, dopo qualche giorno da clandestini, il governo italiano emise una legge in cui concedeva il permesso di soggiorno ad alcune categorie di clandestini: noi ne facevamo parte.

A Napoli ho vissuto circa 7 anni, lavorando come domestica, periodo in cui mi sono sposata con mio marito Sudath (in SriLanka) ed ho avuto il mio primogenito Yasiru.

Nel 1993, grazie ad un tour nel nord Italia, ci siamo innamorati della cornice che regala il lago di Lecco (e non di Como!), decidendo così di trasferirci definitamente qui.

A Lecco, ho avuto altri due figli, Lahiru nel 1996 e Anjeli nel 2003.

Lavorativamente parlando, dopo aver seguito un corso e conseguito un attestato in cui confermavo le mie caratteristiche nel lavorare nel mondo della ristorazione, ho lavorato per 15 anni nella mensa dell’ICAM.

Dopodiché, causa spostamento della sede a Orsenigo, dal 2012, sono la cuoca della scuola materna di Laorca “Pietro Barone”.