Mi chiamo Kaho Blaise. All’inizio del 1984, viste le difficoltà che c’erano in Costa d’Avorio, ho deciso come figlio maggiore della casa di cercare una soluzione; ho cercato di evadere studiando, o comunque trovare un modo per sostenere la mia famiglia, perché vengo da una famiglia molto, molto numerosa e nel mio paese il primo figlio maschio è quello che deve provvedere a sostenere la famiglia sostituendo il padre. Visto la situazione difficile e i pochi mezzi che avevamo, ho deciso di partire all’avventura.

In primo tempo, dopo aver conseguito il diploma che corrisponde alla fine delle medie in Italia, non avendo i mezzi per continuare gli studi, ho deciso di partire; ma non avevo i mezzi per prendere il biglietto d’aereo. A quel tempo costava circa 600.000franchi CFA; allora ho dovuto optare per un mezzo più economico. Quindi ho contattato uno dei nostri vecchi, che mi ha pagato un biglietto del treno da Abidjan a Ouagadougou, perché lì c’era una signora che poteva aiutare chi voleva espatriare ad arrivare a Marsiglia.

Precisamente sono partito a metà aprile del 1985; ma i treni lì fanno tante tappe e, dopo la frontiera della Costa d’Avorio, un controllore mi ha fermato, perché il biglietto che avevo era intestato al figlio del signore che mi aveva fatto il biglietto e quindi non potevo proseguire. Io ho lottato per spiegare la mia situazione e non desistevo intanto il treno andava avanti e quando è arrivato un altro controllore questi è stato più comprensivo, ha capito la mia situazione e mi ha lasciato proseguire arrivando finalmente a Ouagadougou (Burkina Faso). Sul treno avevo fatto amicizia con un giovane anche lui senza mezzi economici, che stava per partire per la Svezia.

Arrivati a Ouagadougou molto tardi, non avendo soldi per pagare l’albergo, abbiamo trovato posto per dormire in una specie di dormitorio allestito in una cattedrale, scappando al mattino presto per non pagare la piccola quota che chiedevano per la notte. Il prete ci ha comunque visti, ma noi siamo scappati dirigendoci verso l’aeroporto, per prendere il volo per Marsiglia; da lì con il treno saremmo arrivati in Italia.

In realtà, a Ouagadougou tutto si è complicato, perché, non avendo in mano un biglietto che dimostrava che da Marsiglia sarei andato in Italia, non mi facevano partire per la Francia. Mentre discutevo, il famoso aereo per Marsiglia è partito sotto i miei occhi. Sono rimasto lì con in tasca 10.000 franchi CFA.

Sul treno avevo conosciuto anche un signore, che conosceva una persona, che lavora nel secondo aeroporto di Ouagadougou, al quale mi potevo rivolgere se avessi avuto dei problemi. Quindi, disperato prendo i miei bagagli e chiedo dove posso trovare questo signore Jacques Basiè. Quando lo trovo, ascolta la mia situazione e, non potendomi portare a casa sua, mi accompagna dal fratello, che aveva una camera nella zona universitaria. Questi signori mi hanno ospitato, mi hanno aiutato a mettermi in contatto con la mia famiglia, per avvisarli che non ero riuscito a partire.

Finalmente dopo due mesi riesco a prendere il volo per Marsiglia. Arrivo a Marsiglia praticamente senza soldi. Qui incontro un prete, che mi ha aiutato a uscire dall’aeroporto senza avere controlli e mi ha anche pagato una camera in un hotel per la notte.

La mattina dopo riparto per Milano con un biglietto fatto da un amico di Perugia. Arrivato alla stazione centrale di Milano, parlo con un ragazzo algerino, che mi aiuta a pagare il biglietto per Perugia con cambio a Firenze. Arrivato a Firenze avevo perso la coincidenza per Perugia, ma una persona mi ha consigliato di salire sul treno per Cortona. In stazione a Cortona passo la notte su una panchina e al mattino prendo il treno per Perugia. A Perugia mi accoglie il mio tutor, che mi aveva fatto venire in Italia, ma non ho i documenti e quindi mi consiglia di andare a Palermo, perché lì era più facile vivere senza documenti in regola.

Una volta arrivato a Palermo, dove non c’erano problemi per i documenti, dove praticamente non ci rompono le scatole per i documenti, mi rivolgo a una comunità della Costa d’Avorio e ho trovato degli amici, che mi hanno aiutato a cercare lavoro. Lì ho fatto il muratore e sono rimasto in quella comunità per un po’.

Un giorno una signora, dove avevo lavorato, mi ha fatto conoscere un architetto, che si occupava di lavori stradali. Mentre pulivo gli uffici di questo architetto, mi ha detto: “Ma tu devi fare questo lavoro? Tu sei giovane. Cosa vorresti fare?”. Io ho risposto: “Io faccio quello che trovo”. Mi ha pagato da bere e mi ha fatto fare l’impianto elettrico; poi mi ha portato nella sua casa di Cinisi vicino all’aeroporto di Palermo. Lì ho lavorato un po’ con lui e mi ha aiutato a far venire in Italia anche mia sorella facendole il biglietto aereo. Siccome mi ero fatto battezzare a Palermo, il prete mi ha fatto avere una casa di una vecchia signora, che l’aveva donata alla Chiesa: ho pagato all’epoca per quella casa £ 106.000, ma lavoravo già e non è stato un problema.

Continuavo a lavorare pulendo le case della gente, ma nello stesso tempo continuavo a frequentare un corso professionale di elettromeccanica. Sono rimasto a Palermo 4 anni, ma lì non c’era lavoro, non c’era niente.

Quindi degli amici mi hanno consigliato di trasferirmi nel nord d’Italia. Aiutato da un parente che lavorava in un albergo a Milano, mi sono trasferito da lui. A Lodi avevo degli amici e un prete, che conoscevano, mi ha detto, che a Bevera c’erano i missionari della Consolata, che aiutavano i migranti a cercare lavoro. Anche una grossa parrocchia di Milano aiutava a cercare lavoro; ma sono stati i missionari di Bevera che mi hanno aiutato e da qui posso dire che ne son venuto fuori.

Questa è un po’ la mia storia.

In conclusione: noi partiamo dall’Africa, perché abbiamo bisogno di qualcosa di meglio, un posto dove poter vivere bene. Noi pensiamo che l’Europa sia l’Eldorado; è per questo che tutti arrivano qua. Comunque a Bevera, alla Missione della Consolata, ho trovato il maggior sostegno. Per venire fuori dalla miseria che c’era in Africa, l’unico modo era venire qua; per questo sono qua e qui a poco a poco mi sono fatto una vita. Ho lavorato in una ditta metalmeccanica di Dolzago; ho trovato una piccola casa a Sirone e da Sirone sono arrivato a Lecco ed ora vivo nel quartiere di Laorca. Sono sposato con Françoise ed ho tre figli. Grazie per l’opportunità, che mi avete dato, di raccontare la mia storia.